Le quattro stagioni: A.Vivaldi ( 1678- 1741)



La riscoperta del patrimonio strumentale di Antonio Vivaldi risale prima del secondo conflitto mondiale. Il maestro veneziano era noto soltanto in rapporto allo sviluppo degli studi su Bach che fu trascrittore delle sue musiche:dieci concerti di cui sei della raccolta L'estro armonico risultano rielaborati in altra veste strumentale. 
Le opere di Vivaldi furono valorizzate a partire del 1939, quando venne organizzata la prima Settimana Musicale dell'Accademia Chigiana di Siena.
Le quattro stagioni furono parte di una raccolta di 12 concerti riuniti sotto il titolo Il cimento dell'armonia e dell'invenzione op.VIII (Amsterdam, 1725). Vennero pubblicati con i sonetti che le accompagnano; ma la loro composizione risale ad epoca più lontana che sfugge ad una datazione precisa. L'opera fu accolta favorevolmente e si diffuse in tutta Europa.
Vivaldi in questa sua raccolta si è preoccupato di conferire alla composizione una libera "invenzione", intesa come espressione del libetro arbitrio descrittivo dietro la spinta di un "programma" (1) e nello stesso tempo di dare a questa invenzione una struttura armonica dove "armonia" vuol dire ordinato comporre.
Rispetto ai modelli che si erano venuti formando nei decenni precedenti, i concerti di Vivaldi presentano aspetti di novità: il trattamento timbrico, gli impasti armonici, la disposizione degli strumenti. Quindi l'uso di colpi d'arco, note ribattute, una gamma di sfumature dinamiche; frequente è l'impiego della "sordina" (2) e quello della "scordatura", cioè di una diversa intonazione delle corde.  Talvolta il materiale strumentale è suddiviso in due cori con effetti alternativi del tutto prossimi a quelli un tempo proposti dai maestri veneziani della fine del '500.
In effetti Vivaldi, pur facendo opera nuova, non ha voluto rinunciare alle consuete forme, agli usuali schemi costruttivi. Il "tutti" svolgono una funzione tradizionale costituendo il "grosso" dell'opera e conferendo a ciascuna parte una simmetria e una giusta stabilità, nello stesso tempo denunciano l'atmosfera dominante del brano, legata al diverso carattere delle stagioni. I "soli" rappresentano quelli che tecnicamente si definiscono i tratti più pittoreschi, i dettagli più elaborati, realizzati con gusto virtuosistico come ad esempio gli episodi che "descrivono" canti dei merli, il mormorio di acque e il fruscio di fronde.
Le quattro stagioni si presentano come la trasposizione musicale di un programma narrativo, unito alla partitura sotto forma di quattro sonetti.Questa trasposizione vuol essere così aderente che un sistema di lettere, notate a margine sia della partitura che del testo, permette di individuare i passi che si corrispondono
E' interessante notare che gli avvenimenti musicalmente trasposti si presentano simultaneamente concatenandosi gli uni agli altri, Così il secondo movimento della Primavera sovrappone tre livelli diversi di descrizione musicale: il lamento di un pastore, affidato al violino solista, l'abbaiare di un cane e lo stormire delle fronde resi dall'orchestra d'archi.
La successione delle scene rispetta la struttura in tre movimenti vivace-lento-vivace, e i secondi movimenti corrispondono sempre a momenti di tregua, Per esempio, l'ultimo movimento dell'Estate è un temporale, mentre il secondo dell'Autunno evoca l'assopirsi di contadini ubriachi.
Vivaldi, il prete "rosso", così chiamato dal colore dei capelli, compì una transizione mai riuscita prima d'allora fra la tradizione della musica imitativa- in particolare quelle delle opere veneziane ricche di episodi descrittivi- e la codificazione di una forma  specificamente musicale.
 Note:
(1) musica a programma: musica strumentale basata su uno schema articolato di riferimenti extramusicali (poetico-letterari, pittorici, biografici, descrittivi). L'idea di musica a programma si definisce nel '700 nell'ambito delle teorie razionaliste baste sul principio dell'imitazione del bello naturale.
(2) sordina: è un accessorio o congegno che serve ad attutire il suono di uno strumento, modificandone anche il timbro.
















Le suore che adoravano Euterpe...



Nel corso del XVI e XVII sec.  l'esecuzione di musica polifonica nei concerti fu la conseguenza dell'arrivo di un numero sempre maggiore di ragazze di famiglia benestante, molte delle quali avevano già ricevuto un'educazione musicale, prima dell'ingresso in convento
Le cause di questo afflusso furono soprattutto economiche e politiche: la dote pagata ai conventi era meno cospicua di quella necessaria ad un matrimonio conveniente al rango di queste fanciulle, inoltre una volta diventate suore, le famiglie non erano più responsabili del loro mantenimento.
In molti conventi le suore organizzavano dei veri e propri concerti e, la eco di queste manifestazioni arrivarono a Roma. I pontefici ,non approvandole, diramarono una serie di regole sull'uso della musica all'interno dei monasteri. Tuttavia la sottomissione a queste norme variava da convento a convento: forse rifletteva il rapporto tra questo e il locale vicario generale.
L'Ordine di San Benedetto detiene il primato per il più alto numero di suore compositrici: non tanto perché è uno dei più antichi ordini religiosi, quanto piuttosto perché è quello che ha sempre attribuito maggiore importanza alla musica.
L'Italia ha dato i natali ad un numero non completamente quantificato di suore musiciste.
Tra le più rinomate si ricordi la compositrice Isabella Leonarda (Isabella Calegari, Novara 1620-1704). Nel 1636 entrò nel convento di Sant'Orsola a Novara, dove nel 1686 divenne madre superiora e nel 1693 madre provinciale. Pubblicò circa 20 raccolte di composizioni sacre, che comprendono Messe e soprattutto Mottetti solistici, e una di Sonate a uno, due, tre e quatro istromenti (Novara, 1678).






























Musica e trance.I rapporti fra la musica e i fenomeni di possessione.



Gilbert  Rouget, Musica e trance. I rapporti fra la musica e i fenomeni di possessione. EINAUDI, 1986, pp.485


Lo sciamano a suon di tamburi e di sonagli, si mette in contatto con la divinità e con gli spiriti per ottenere la medicina della guarigione; ancora in alcuni paesini del sud Italia i musici scelgono la melodia adatta a liberare colui che è morso dalla tarantola.(1)
Ma la trance è legata alla musica? Anni fa, il ricercatore americano Andrew Neher sosteneva che il "mistero" degli effetti del tamburo sulla trance consiste in una azione neurofisiologica dei suoni di questo strumento e molti etnologi ed etnomusicologi danno attualmente per scontata questa teoria.
Gilbert Rouget in questo saggio, invece, ha dimostrato, alla luce dei fatti raccolti, che non esiste alcun mistero:"Se ve ne è uno, questo risiede nella trance stessa, come fatto di coscienza...nell'onnipotenza di un certo incontro dell'emozione e dell'immaginario. E' da qui che nasce la trance. La musica non fa che socializzarla e permetterle di esprimersi".











































Fantasie sulla musica



W.H.Wackenroder, Fantasie sulla musica. A cura di Enrico Fubini, Ascanio editore, pp 50

Secondo la critica contemporanea, un'opera già compiutamente romantica è la raccolta di saggi intitolata Fantasie sulla musica  di W.H.Wackenroder.(1773-1798): in essi è riflessa la nuova concezione romantica della musica che si basa fondamentalmente sulla rivalutazione della musica strumentale e soprattutto sul riconoscimento di una propria funzione autonoma. In effetti, Wackenroder, alle soglie del Romanticismo, rinnega quelle concezioni edonistiche della musica, proprie del pensiero illuministico, secondo cui la musica esercitava una funzione ricreativa e utilitaristica: il musicista era uno stipendiato presso la chiesa o presso famiglie nobili, e il suo compito era quello di produrre musica per determinate cerimonie.
Wackenroder non è stato né un poeta né un critico, né tanto meno un avvocato, come avrebbe voluto il padre. La sua personalità irresistibile ed ansiosa, al momento della morte  a soli venticinque anni, non ha ancora trovato una linea precisa di sviluppo, un'espressione che lo soddisfacesse: Poco si sa della sua vita, ma forse la fonte biografica più importante è La vita di Joseph Berglinger in due capitoli, contenuta all'inizio del libro. E' la storia di un immaginario musicista, sotto cui si cela la sua avventura spirituale, il suo dissidio con il padre, le sue aspirazioni, fra le quali, appunto, quella di diventare un musicista.
 L'atteggiamento di Wackenroder nei confronti dell'arte ed,,in particolare, della musica, che trapela tra le pagine del suo scritto, è puramente contemplativo, che è  proprio non del critico, ma del semplice amatore d'arte. La musica sembra quasi assumere per Wackenroder le caratteristiche di un Nirvana; infatti, secondo questo aspetto passivo e di abbandono, scrive: "...chiudo gli occhi di fronte a tutte le guerre del mondo, e mi ritiro silenzioso nel regno della musica, come nel regno della fede, dove tutti i nostri dubbi e i nostri dolori annegano in un mare di suoni.




















Musica e Poesia. Le sacerdotesse di Venere.

 


Dopo una una introduzione del panorama della storia del Madrigale trecentesco, in questo mio scritto ho cercato di delineare gli esordi del Madrigale cinquecentesco nelle sue declinazioni fiorentine e romane e nell'assodata indipendenza e nell'assodata indipendenza di tale repertorio -per geografia e stili compositivi- dalla tradizione frottolistica.
Inoltre ho preso in esame le articolazioni generali, storiche ed estetiche del genere, la disseminazione delle fonti manoscritte e a stampa, le scelte poetiche dei musicisti  e dei committenti, il ruolo del mecenatismo nobiliare (fosse esso cortigiano o mercantile), lo stile e la produzione dei principali compositori -con riguardo alle figure di Luca Marenzio, Gesualdo da Venosa, Adriano Banchieri-, gli influssi della mutata sensibilità e della murata visione della realtà che hanno fatto sì che la musica e le poesia passassero dal sacerdozio del sacro ascetismo medioevale a quello del profano estetismo degli affetti di cui Venere è regina e sovrana.


"Quant'è bella giovinezza, che si fugge,tuttavia,
 chi vuol essere lieto sia, di doman non v'è
 certezza.  
...Ogni cosa è fugace e poco dura,
tanto fortuna al mondo è mal costante
solo sta ferma e sempre dura morte..."
                                                
                                              Lorenzo de' Medici


Dopo l'ascetismo medioevale germogliò rigoglioso lo spirito del Rinascimento. Pur celebrata e invocata, la religione era sempre meno vissuta nell'intimo dei fedeli; il più delle volte, si limitava ad essere un fatto interiore; una forma di compromesso fra l'uomo e le potenze supreme. Al sommo degli onori s'imponeva il culto dell'individuo.
"Lucrezia dette vita ad un cenacolo d'artisti...Tutti gli appassionati di musica trovavano il loro maestro in Ottaviano Petrucci, un protetto del duca di Urbino che a Venezia aveva fondato la prima stamperia musicale; per i suoi amici Petrucci componeva frottole (1) sugli amori di Teseo e Arianna, che essi mimavano in spettacoli amatoriali". (2).
Al crescente splendore, al fasto della vita cortigiana e signorile s'accompagnò quel raffinamento del gusto e del sentire, quella revisione degli assunti tradizionali di cui furono interpreti e autori i nuovi codificatori del costume e della cultura come Bembo, Castiglione. Le regole del contegno cortigiano, i canoni teoretici, la promulgazione di una nuova estetica, la proposizione in poesia di un modello esemplare, furono i frutti molteplici di una stessa disposizione spirituale
Il nuovo avviamento musicale prese le mosse, quindi, dalla personale visione riformata degli artisti, dai nuovi propositi di uomini coinvolti nell'avvento di strutture e di relazioni sociali, di istituzioni e forme.organizzative della cultura.
La vicenda del Madrigale, in particolare, fu condizionata dalla responsabilità espressiva e affettuosa di cui il suono e le sue aggregazioni venivano caricate a sé o in rapporto alla parola per esaltarla.
Il madrigale conobbe il massimo splendore dapprima nel XIV secolo, poi nel XV e nella prima metà del XVII. Nel periodo compreso fra il 1530-1650 furono date alle stampe circa 2000 raccolte di madrigali, qualcosa come 35-40.000 composizioni.
Conformemente alla probabile origine da "Matricalis" (della matrice, della madre), nel senso di canto nella lingua materna, il madrigale fu la forma tipica della polifonia con testo volgare durante la prima metà del '300.
Il termine di Ars Nova, in contrapposizione a quello di Ars Antiqua, stava ad indicare il nuovo stile polifonico che dagli inizi del 1300 si andò affermando soprattutto in Francia e in Italia. Mentre le prime forme polifoniche si appoggiavano a una melodia gregoriana (cantus firmus o tenor) di cui erano in ornamento, con l'introduzione della musica mensurata(3),  si cominciò a costituire il vero contrappunto, l'arte di far concordare nota con nota, intrecciando più melodie fra loro indipendenti,
In Italia, a differenza della Francia, mancò un centro culturale predominante, una capitale come Parigi: i musicisti operarono in diverse sedi in tutta la penisola, in particolare nelle regioni centro-settentrionali e, fra i centri maggiori, Firenze e Bologna nel clima del "Dolce Stil Novo".
La polifonia del '300 italiano aveva carattere esclusivamente profano e si espresse nei generi della Ballata, della Caccia e del Madrigale.
Il poeta Antonio da Ferrara che viveva alla corte dei Pepoli, ricorda in una sua canzone che, quando era a Bologna, prima di essere bandito nel 1344, gli piaceva ascoltare In su bei fiori e Du' occhi ladri.
Di queste composizioni la prima è opera giovanile di un musicista locale, Jacopo da Bologna che, iniziata l'attività nella sua città natale, la proseguì presso le corti confinanti che si dividevano il dominio a Nord del Po e che le vicende politiche mettevano in frequente contatto con l'ambiente bolognese: gli Scaligeri di Verona e i Visconti di Milano.
Di forma strofica il Madrigale del XIV secolo consiste di due sezioni musicali (una per le strofe e una per il ritornello), e a due o tre voci  con spiccata preminenza di quella superiore. Prevalentemente è omoritmico, ma caratterizzato da ricche fioriture che rivelano una raffinata sensibilità melodica.
Il Madrigale Non al suo amante più Diana piacque fu musicato da Jacopo da Bologna intorno al 1350 su testo di Francesco Petrarca.

A   Non al suo amante più Diana piacque,                                    
     quando per tal ventura tuta nuda                                              
     la vid'in mezo de le gelid'acque;                                              

A  ch'a mi la pasturela alpestra e cruda
     fixa a bagnar el suo candido velo
     ch'al sol e a l'aura el vago capel chiuda;
                    
B   tal che mi fece, quando gli arde 'l celo,
     tuto tremar d'un amoroso gelo.

Nelle prime due terzine viene accostata l'immagine di Diana scorta dal suo innamorato Atteone mentre si bagna nuda nella gelide acque di un laghetto montano, a quella molto più casta di Laura scorta dal poeta mentre sta lavando alla fonte il suo leggiadro velo che di solito copre i suoi capelli. Infine il poeta negli ultimi due versi dichiara di provare alla vista dell'amata lo stesso fremito amoroso da cui fu certamente assalito Atteone.
La funzione delle terzine è quella oggettiva: riferisce un avvenimento o descrive una sena; quella del ritornello è soggettiva, cioè manifesta le riflessioni personali dell'autore.
Questo madrigale è costituito da una strofa di 8 endecasillabi; le prime due terzine sono intonate sulla prima sezione melodica (A); i due versi a rima baciata, che costituiscono il ritornello, sono intonati su una diversa melodia (B), che presenta una variazione nel ritmo. Si tratta di una composizione a 2 voci, ambedue cantate, in cui la voce del cantus viene sostenuta, nel suo darsi melodico e fiorito allo stesso tempo, dalla voce del tenor che si compenetra intimamente con la più elaborata voce superiore.



Jacopo da Bologna


Altri musicisti del Madrigale trecentesco furono Gherardello da Firenze, Giovanni da Cascia e Francesco Landino.
Organista e compositore Landino fu poeta, suonatore di vari strumenti e improvvisatore; ma acquistò fama soprattutto come organista. Si interessò di teoria musicale e di organaria e inventò uno strumento a corde ("Serena Senenarum"), come compositore,rappresentò la più alta espressione dell'Ars Nova italiana. Tra la sua ricca produzione comprendente 12 Madrigali, una Caccia e un Virelai( ), s'impongono per la personale sintesi tra il rigore della tecnica e l'abbandono lirico della melodia, 91 Ballata 2 voci e 47 a 3 voci.
Mentre in diversi ambiti artistico letterari dominava la svolta dello stile classico rispetto al gotico, per la musica del XVI secolo non fu l'epoca del Rinascimento, se non in senso lato, intendendo designare l'immensità della produzione profana e religiosa, vocale e strumentale ispirata da un unico entusiasmo: il passaggio apertosi nel '300 con l'Ars Nova francese e italiana, attraverso cui il canto era uscito dalle cattedrali romano-gotiche del gregoriano e dell'Ars Antiqua,continuava a lasciar fluire ancora almeno a tutto il primo quarto del '500, irrobustendola sempre più, la corrente della polifonia vocale.
La più tipica forma della lirica musicale italiana in questo periodo fu il Madrigale che non era legato da rapporti storici con quello trecentesco: la sua genesi stava nell'incontro e nella conciliazione dello stile frottolesco e le virtù tecniche degli oltremontani (4 ).
La Frottola, a dispetto del carattere popolaresco delle rime e dei ritmi di danza, fu un genere aristocratico. I suoi animatori e musicisti erano cortigiani dell'en-tourage di Isabella d'Este a Mantova e di Lucrezia Borgia a Ferrara.
Se è vero un proverbio toscano dell'epoca che "gli uomini fanno le leggi, le donne i costumi", si può affermare quasi con certezza che il Rinascimento fu in gran parte opera delle donne: i suoi personaggi e mecenati furono donne che come Isabella §(famoso il suo vestito ricamato a pause di musica) e Lucrezia avevano ricevuto una erudizione completa In effetti mentre nel Medioevo le fanciulle erano votate ai Santi, in epoca rinascimentale erano consacrate alle Muse e, in particolare, si credeva che l'arte dei suoni fosse d'aiuto alla contemplazione:"La musica penso - afferma Castiglione - che insieme con le altre vanità sia alle donne convenientesi (...) e ricordarò quanto appresso agli antichi sia stata celebrata, e tenuta per cosa sacra (...) (5 ).
Alfred Einstein  nella sua monografia sul madrigale - The Italian Madrigal (3 voll. 1949) vede il Madrigale svilupparsi dalla frottola man mano che, nel campo della musica profana, si passava dalla moda del canto a voce sola accompagnata a quelle della polifonia di sole voci. Assegna al Madrigale una data di nascita tarda e al declino della frottola una data precoce pertanto postula un periodo di incubazione - 1520/1530- considerandolo come una "pausa artistica"; infine vede il petrarchismo del primo '500 come una specie di propellente del gusto poetico che nella sua ascesa trasformò la frottola in madrigale.
Le composizioni musicali su rime del Petrarca riflettevano un gusto promanante dalla poetica di Pietro Bembo che espose le sue teorie nelle Prose della volgar lingua (1525) con dedica a Clemente VII; il suo merito fu quello di aver individuato, nella poesia di Petrarca, il modello estetico da seguire e la sua idoneità a ricevere la musica. L'elaborazione teorica di Bembo contemplava il ripristino del madrigale poetico trecentesco, di cui si finì per trascurare lo schema metrico originario endecasillabico, a favore di un componimento astrofico con una libera mescolanza di versi interi e spezzati ossia endecasillabi e settenari, e di uno schema di rime variabile.
Nell'intento di produrre una bibliografia del repertorio madrigalistico primitivo, Lain Fenlon e James Haar hanno rimesso in discussione le teorie correnti circa la nascita del Madrigale. Lo studio muove dal''indagine di manoscritti che contengono Madrigali databili a prima del 1540 sulla base delle concordanze con le edizioni a stampa. Tali manoscritti sono: libri corali (singole voci annotate separatamente sulle due facciate di un libro aperto), intere note o esemplari sparsi di libri-parte (tanti fascicoletti quante sono le voci che compongono il madrigale), aggiunte vergate a mano su stampe, fogli sciolti destinati a esecutori o a stampatori. Fenlon e Haar sono arrivati a tali conclusioni: parte del repertorio delle origini circolò manoscritta, talvolta, in versioni che differiscono dai test apparsi poi a stampa; questo tipo di diffusione dominò per tutto il terzo e il quarto decennio del secolo.
Un altro intento di Fenlon e Haar è quello di dimostrare le origini fiorentine e in secondo luogo romane del Madrigale. A sostegno di questa tesi è la provenienza fiorentina di molti manoscritti madrigalistici anteriori o coevi alle prime  pubblicazioni di Madrigali a stampa. Le fonti pervenute confermano una differenza di geografia e di cultura tra la Frottola e il Madrigale. Mentre la Frottola era un genere coltivato nelle corti settentrionali, la moda prevalente a Firenze era quella dei Canti Carnascialeschi, della Ballata, della Chanson francese e, quindi, quella del Madrigale.
Nulla esclude che le stampe frottolistiche di Petrucci e dell'antico circolassero a Firenze, ma nessun musicista fiorentino si cimentato nella composizioni di Barzellette (6) nello stile di Bartolomeo Tromboncino e di Marchetto Cara; e se Tromboncino e Cara musicarono alcune rime madrigalesche, tali musiche sono prive di quel forte idioma da Chanson (7) che è tipico di Verdelot ( 8) e dei suoi imitatori.
Uno dei connotati salienti del Madrigale sin dalla sua nascita è la polifonia integralmente vocale di 4-5-6 voci tutte egualmente corredate di parole. Questo stile si addice alle canzoni destinate ad essere cantate in pubblico tra gli atti di una commedia o a intonare le liriche amorose dei giovani petrarchisti fiorentini. I Madrigali si cantavano anche a voce sola con accompagnamento di strumenti di cui i due:Intavolatura de li madrigali di Verdelotto da cantare et sonare nel lauto, intavolati per messer Adriano (Willaert), Ottaviano Scotto, Venezia, 1536 e l'Intavolatura di liuto di Francesco Vindella triviggiano d'alcuni madriali d'Arcadelt, Antonio Gardano, Venezia, 1546. Ma di consueto i madrigali si cantavano con un cantore per ciascuna parte: talvolta solo uomini, talaltra con una donna per la parte del cantus, il che è comprovato dal carattere della musica e dalla circostanza che il madrigale, nella quasi totalità delle fonti a stampa e manoscritte, ci è giunto in forma di libri-parte.
La poesia madrigalistica predilige temi amorosi e quelli volti ad esaltare il culto della donna o a idealizzarne le virtù; più tardi temi descrittivi, satirici, umanistici. Tra i rimatori sono da ricordare: Luigi Cassola, Claudio Tolomei, Niccolò Machiavelli, Lodovico Martelli, Lorenzo Strozzi.
L'aspirazione del Madrigale era quella di adeguare il suono alla musicalità delle parole e, di conseguenza, di modellare le linee melodiche su misura della parola stessa. Nel XVI secolo la natura della relazione musica-poesia si evolse storicamente da una condizione primitiva di semplice concordanza strutturale a una intima comunione di contenuti: dal parallelismo delle dimensioni a un coerente adeguamento sentimentale pur "uscendo alcuna volt di tono per imitare le parole" come scrive (9 ) Marcantonio, mentre il corpo della musica sono le note, l'anima sono le parole.
La proprietà timbrica costituisce il segno più preciso della nuova disposizione musicale. Gli autori tendevano ad equilibrare e a proporzionare la rispettiva tensione fonica delle parti; attenuavano il predominio delle estreme, rilevavano le medie che fino allora erano subordinate. L'altus non ebbe più una funzione accessoria; alle due voci interne veniva conferita una maggiore autonomia: la voce grave si muoveva più linearmente ma senza venir sottratta al proprio compito importante per la determinazione e la guida dell'armonia. Quindi le melodie furono distribuite in un proprio ambito, nel quale autonomamente e singolarmente procedevano combinate con l'ordito delle imitazioni. (10)
Diffusa era l'abitudine di notare uniformemente la musica anche con figure di valore dimezzato nel tactus ordinario (11 ) che sostituì il tempo alla breve. (12)
Quei Madrigali sono detti allora a "note nere" o "a misura breve" o "cromatici", non perché siano praticate alterazioni cromatiche, ma per la colorazione, l'annerimento delle figure cave ( come da minima a semiminima). Si danno note nere a parole poetiche che alludono a quella tinta ed è "musica viva".Le figure melodiche coniate per tale attività di illusione descrittiva o di imitazione veristica sono chiamate "madrigalismi". Inoltre il ritmo frastagliato e mobile, sincopi ed altri accorgimenti contribuiscono ad un'animazione discorsiva. Si verifica, quindi, nel Madrigale il programma di esperire ed annettere al mondo della musica aspetti della realtà naturale e di quella psicologica.
Nel Madrigale Anchor che col partire, a 4 voci, di Alfonso d'Avalos (Marchese del Vasto) e musicata da Cipriano de Rore, la musica descrive effetti che possono essere visti da chi legge le note: ad esempio sono usate note nere per le parole "notte" e "cieco" o semibrevi vuote per indicare "cinque perle". Il Madrigale diventava così la controparte del Mottetto(13),apparteneva al mondo della cosiddetta "musica reservata", musica cioè riservata solo a raffinati conoscitori, in grado di comprendere appieno lo spirito e il significato.
Quando il suo primo centro, Firenze, venne perdendo di importanza dopo la caduta della Repubblica e i primi anni del Principato sotto Cosimo I, subentrarono da un lato Roma dove il Madrigale incontrò una committenza ecclesiastica più varia e ricca, in una città che con Paolo III e Giulio III aveva cessato di essere la colonia fiorentina degli anni dei Papi Medicei (Leone X e Clemente VII); dall'altro Venezia dove si giovò della intraprendenza degli editori, di facoltosi committenti, degli accademici interessati ad elevare la musica italiana ad un rango di raffinatezza artistica commisurata alle esigenze della dottrina bembesca.
Negli anni '40 le accademie istituzionalizzate o occasionali spuntavano un po' in tutt'Italia. L'Accademia Filarmonica di Verona, scaturita nel 1543 dalla fusione di due accademie  preesistenti e dedita in via primaria alla musica, fu governata da sei "reggenti" ed ebbe una organizzazione rigorosa con tanto di statuto. Tra i fondatori il compositore Agostino Bonzanini e, nel giro di pochi anni, si dotò di un maestro e insegnante di canto Giovanni Nasco. L'alto numero di edizioni musicali stampate nella seconda metà del secolo con dedica all'Accademia, ci rivela una nuova e potente forma di committenza collettiva o organizzativa che corrisponde, in parte, alle prospettive di un mercato della musica a stampa dilatatosi a dismisura.
Oltralpe fu Jacques Moderne lo stampatore che più di tutti s'interessò al Madrigale pubblicando musiche di Francesco Layolle, di Mtteo Rampollini e di Pietro de Villiers, un compositore autoctono: i due libri, con cui il Moderne pubblicò quasi tutta la produzione madrigalistica del fiorentino Layolle, sono un contributo notevole alla storia del Madrigale. L'editore parigino Pierre Attaignant si rivolse al repertorio italiano con parsimonia: una manciata di pezzi figura nelle stampe di Chamsons del 1533-'34 e uno isolato sei anni più tardi. Non si tratta sempre di importazione vera e propria: potevano essere rifacimenti per mano, ad esempio, di un Claudin de Sermisy.
E' difficile appurare se dei pezzi italiani si sia avuta nozione attraverso la circolazione di stampe italiane; ma è anche facile che siano stati trasmessi alla spicciolata, manoscritti, alla stregua dei madrigali della prima ora in Italia.
Tuttavia solo con il 1555, attraverso la pubblicazione delle musiche italiane di Orlando di Lasso, pei tipi di Tilmann Susato, prese avvio un interesse consistente degli editori nord-europei per la musica profana italiana. Pienamente compreso dello spirito umanistico, come si vede dalle scelte dei testi poetici (Petrarca innanzitutto, e poi Ariosto, Bembo, Sannazzaro, Tansillo e altri) e del modo come li interpretò musicalmente Orlando di .Lasso  che seppe rendere con pari abilità il pathos del mottetto latino e la frivolezza della chansons francese o del madrigale italiano
Uno dei più rappresentativi esponenti del Madrigale alla fine del '500 fu Luca Marenzio. La sua fama era legata alla produzione madrigalistica che rappresenta un momento culminante della fase più matura e raffinata del Madrigale. In essa l'impiego magistrale della pur ricca e complessa scrittura contrappuntistica cinquecentesca è posto al sevizio di una attenta ricerca espressiva, di una invenzione estremamente varia e sciolta, mantenuta all'interno di una ispirazione legata ad equilibri rinascimentali: Marenzio si differenziò dagli altri maggiori madrigalisti della sua età ed era estraneo all'interesse di Claudio Monteverdi per il nuovo linguaggio monodico e alle febbrili ricerche di Gesualdo da Venosa, compositore estroso e personalissimo.





Luca Marenzio



Carlo Gesualdo, principe di Venosa, appartenente ad un ceto di alta aristocrazia napoletana, si rese celebre per due episodi: l'uccisione della giovane moglie Maria d'Avalos, colta in flagrante adulterio con l'amante Fabrizio Carafa, il secondo matrimonio con Eleonora d' Este, nipote del Duca Alfonso II. Formatosi alla scuola di qualche maestro napoletano che frequentava la casa del padre, con il trasferimento alla Corte di Ferrara, Gesualdo varcò la soglia dell'Accademia Musicale più aristocratica ed esclusiva del Rinascimento, dove allora operavano Torquato Tasso, Giovan Battisti Guarini, Luzzasco Luzzaschi, Jacques de Wert. Ciò che caratterizza i Madrigali di Gesualdo è un atteggiamento espressionistico che si manifesta attraverso l'alternanza di ombre e di luci, di contorcimenti cromatici, di salti melodici dissonanti e di successioni accordali e imprevedibili. Le caratteristiche dello stile musicale di Gesualdo hanno un rapporto molto stretto con la scelta dei testi poetici che, secondo il gusto del primo '600, sono estremamente sintetici e schematici: conformemente alla essenzialità del testo, le sue composizioni si articolano in immagini molto brevi e concise, che vengono separate tra loro mediante contrasti molto netti. Infatti è tipico il relativo disinteresse di Gesualdo per la qualità dei testi che sceglieva: eccentrico ed aristocratico in tutto mostrò di disdegnare le scelte poetiche correnti tra i suoi contemporanei. Anzi è possibile che così come pubblicò in casa propria, nel proprio castello, le sue ultime opere- (facendo venire da Napoli lo stampatore musicale Giovan Giacomo Carlino)- siano stati poetati in casa sua e per suo uso esclusivo i molti testi tuttora non identificati dei suoi madrigali
Uno dei Madrigali più famosi è Beltà che poi t'assenti contenuto nel VI libro dei madrigali a 5 voci, pubblicato nel 1611, ma composto forse intorno al 1600. Il testo poetico, di anonimo, è di sei versi in t6utto (settenari e endecasillabi). E' da mettere in evidenza il clima di abissale malinconia in cui si snodano i primi due versi culminanti con l'incalzante successione delle "tormentate" linee cromatiche ascendenti, che esprimono l'idea dei tormenti.
L'articolazione musicale del testo si fonde sulla segmentazione di sei immagini verbali e sulla loro individuazione musicale mediante la combinazione sempre diversa di alcuni procedimenti polifonici, riducibili ad alcune opposizioni di base: trattamento omofonico o imitativo delle voci con condotte dissonanti o dissonanti, andamento diatonico o cromatico dei soggetti.




Gesualdo principe di Venosa




Dalla fine del '500 ai primi decenni del '600 fiorì anche un certo tipo di madrigali detto "rappresentativo", ma in realtà non destinato alla scena: il testo è drammatico e tutto l'intreccio polifonico incarna ora questo ora quel personaggio. Gli autori più celebrati di questo genere furono Orazio Vecchi, Giovanni Croce, Alessandro Striggio, Adriano Banchieri.
Quest'ultimo entrato nell'ordine dei monaci Olivetani a 19 anni, iniziò l'attività di organista presso il monastero di S, Michele in Bosco  a Bologna. Fu poi organista a Imola, Gubbio, Venezia e Verona; dal 1608 fino alla morte (1634) risiedette presso il convento di S. Michele in Bosco. Intrattenne rapporti con molti musicisti del suo tempo, assimilando rapidamente ogni nuova tematica e dandone ragguaglio in vari trattati fra i quali ricordiamo le Armoniche conclusioni del suono dell'organo. Artista versatile si dedicò a ogni genere sacro e profano, in particolare coltivò il Madrigale drammatico sfogandovi il suo spirito umoristico e bizzarro. Tra i suoi Madrigali la Pazzia Senile, una spassosa commedia di maschere, con intreccio da opera buffa; Il zabaione musicale, invenzione boschereccia; Barca di Venetia per Padova, viaggio notturno sul burchio; Festino nella sera del giovedì grasso avanti cena. In quest'ultimo è compreso il Contrappunto bestiale alla mente, parodia dell'antico uso di improvvisare a più voci su un "canto fermo" chiesastico: mentre il basso canta un versetto in assurdo latino maccheronico, le altre 4 voci imitano il verso di quattro animali. Nella musica strumentale Banchieri fu innovatore geniale: adottò sistematicamente la stanghetta di battuta e usò, tra i primi la numerazione del basso continuo (14) e i segni dinamici p (piano) e f (forte). Infine fu anche scrittore arguto in lingua e in dialetto: sua è la famosa novella Casasenno,continuazione del Bertoldo e del Bertoldino di Giovanni Croce




Adriano Banchieri




Agli inizi del XVII secolo l'esigenza espressiva approdò ad una nuova scrittura, la monodia accompagnata, in cui la voce superiore (invocazione, domanda, ecc.) sia cercando raccoglie tutta l'espressività sia amplificando le inflessioni discorsive (invocazione, domanda, ecc.) sia cercando di significare i sentimenti nella loro varietà: le altre voci si mantengono in secondo piano e vengono riassunte nel basso continuo, ove svolgono solo la funzione armonica dei sostegno.
Nasce, quindi, il Madrigale a 1, 2 o più voci con basso continuo, i cui massimi esempi furono dati da Claudio Monteverdi: a sostegno delle voci soliste intervengono Monteverdi stesso chiamò questi Madrigali "concertati", cioè intrecciati di voci e strumenti.
Secondo alcuni studiosi e storici si può parlare di Rinascimento musicale solo nel senso di "musica scritta in epoca rinascimentale". In effetti, vista la scomparsa quasi totale di tutta la musica antica, greca e romana, mancò al Rinascimento musicale il "ritorno agli Antichi", in polemica con la " decadenza medioevale".
Ma anche la musica perseguì la rivalutazione del profano, attribuendogli in piena cittadinanza nel campo della più alta spiritualità, fino allora riservata al sacro; la dignità stilistica dell'Ars Nova in cui la polifonia veniva applicata per la prima volta a testi profani, ne era stato un primo esempio, altri esempi furono la qualità artistica della Frottola quattrocentesca e soprattutto l'elevato e aristocratico sentire del Madrigale.
Anche la fioritura di una prima letteratura strumentale (liuto, organo, ecc.) derivò da una visione più edonistica e naturalistica.
Pur non essendo stato "archeologico", il Rinascimento musicale partecipò, comunque, alla sostanza prima della riscoperta della classicità, cioè al suo naturalismo e alla riconduzione del sacro in limiti e termini naturali. D'altra parte non era venuto meno del tutto neppure un momento "archeologico" al tardo Rinascimento musicale: si pensi all'attenzione alla musica greca della Camerata fiorentina che aveva portato alla riscoperta di alcuni brani di musica greca ( i tre Inni di Mesomede, pubblicati da Vincenzo Galilei) e fu in nome della tragedia greca che si elaborarono la monodia accompagnata e il recitar cantando. L'estetica degli "affetti" presente in tutto il Rinascimento fiorirà nel melodramma dei secoli successivi con pubblico e ampie platee uscendo, quindi, dal chiuso elitario ed eccelso della "musica reservata".




Note:


(!) forma di composizione polifonica simile alla ballata soppiantata dal madrigale.


(2) Geneviève Chastenet, Lucrezia Borgia. La perfida innocente, Mondadori, Milano, 1996


(3) Mensuralismo: sistema di notazione appropriato alla musica polifonica che consentiva di definire il valore rispettivo di ogni nota ed i rapporti di durata fra una nota e l'altra.


(4) Col ristabilimento del papa e della cappella papale da Roma, nel 1377, molti maestri stranieri e soprattutto fiamminghi erano stati attratti in Italia e accolti nelle corti al sevizio di principi e porporati.


(5) B. Castiglione, Il Libro del cortegiano,Venezia, 1528


(6) Barzelletta: struttura letteraria della frottola musicale


(7) Chanson: composizione polifonica imitativa di linea profana, d'area francese


(8) Verdelot: compositore francese attivo a Firenze (1523-1529) e a Roma (1529-1533) attribuì notevolmente a creare il massimo genere musicale e profano dell'epoca, ancora vicino allo stile della frottola, ma già aperto a ricerche espressive.


(9) Il primo libro dei Madrigali a 4 voci,Scotto, Venezia, 1509; Lettera dedicatoria.


(10) Imitazione: procedimento musicale molto usato nella polifonia che consiste nel richiamare ("imitare") una melodia o un segmento in una voce diversa da quella che l'aveva intonata in precedenza.


(11) Tactus ordinario: unità di misura del tempo musicale, teoricamente aveva una frequenza costante, alla quale venivano rapportati i valori delle figure, al tactus ordinario corrisponde la semibreve.


(12) Tempo alla breve: misura ritmica, generalmente in 2 tempi, che assume come unità di base la minima


(13) Mottetto: composizione polifonica imitativa di linea religiosa o cerimoniale.


(14) Basso Continuo: dalla fine del XVI secolo al primo '800 si diceva B.C. la parte più grave di una composizione, sopra la quale gli strumenti realizzavano gli accordi adeguati. Il basso numerato era la notazione del B.C., fatta apponendo numeri indicanti gli accordi che andavano suonati.