La musica concreta.

P.Schaeffer




La musica elettronica fu preceduta dagli esperimenti di musica concreta condotti a Parigi dall'ingegnere e compositore P. Schaeffer al quale in seguito si associò il musicista P.Henry e, per breve tempo,  P.Boulez.
Ebbe origine nel 1950 il "Groupe de recherches musicales du Sevice de la recherche de la RTF".
La musica concreta si differenzia da quella elettronica per il fatto che il materiale fonico, anziché essere prodotto elettronicamente mediante oscillatori, veniva tratto da elementi sonori preesistenti, registrati e manipolati in vario modo attraverso modificazioni del timbro, dell'intensità, dell'altezza.





tavola di P.Schaeffer



Il 3-X-1948 P.Schaeffer presentò il primo concerto di musica concreta con un Etude aux chemins de fer, un Etude aux casseroles, un Etude aux tourniquets. 
Dopo l'associazione con P.Hanry, lo studio del "Groupe de recherches" produsse La Symphonie pour un homme seul, che resta uno dei classici della musica concreta.
Fra gli autori che a diversi livelli e in differenti modi, si occuparono di musica concreta, vi furono P.Boulez, L.Berio, J.Poullin.
Quell'esperienza non aveva saputo sviluppare oltre i limiti delle convenzioni estetiche e musicali l'intuizione originaria, del dualismo delle radici dell'universo musicale, che è insieme linguaggio e segno fisico, sistema di referenze e ordine materiale, , realtà culturale e naturale.
Occorre, quindi, rigenerare il nostro modo d'ascolto, in modo da riscoprire le correlazioni fra i due ordini di fenomeni.
(da P. Schaeffer, Traité des objets musicaux. Essai interdisciplines, Seuil, Parigi 1996).

[...] Apparentemente i compositori "concreti" facevano il contrario dei loro contemporanei "elettronici", Dopo aver fatto tabula rasa dei registri e dei valori , prendevano i loro suoni non importa dove, ma di preferenza nella realtà acustica: rumori, strumenti tradizionali, occidentali o esotici, voci, linguaggi, e anche qualche suono sintetico, perché non mancassero in una panoplia che si voleva completa.Questi suoni registrati venivano poi trasformati e assemblati con varie manipolazioni elettroacustiche. Per il momento non insisteremo sulle caratteristiche finali di queste musiche, che si presentavano su nastro magnetico e si perfezionavano attraverso l'ascolto simultaneo di diversi canali (stereofonia). [...]
L'accelerazione e il rallentamento che nel 1948 era permesso dal giradischi e più tardi dal registratore, furono inizialmente impiegati in modo casuale. Ma se venivano praticati in unione con il frazionamento dei suoni nel tempo - mediante sezionamento del nastro - e utilizzati in funzione timbrica - mediante filtri -  si poteva ammettere in definitiva che ogni suono era scomponibile e quindi, grazie alle tecniche di montaggio e mixaggio, ricomponibile con altri suoni.
Insomma, la musica concreta aveva le stesse pretese della musica elettronica, la quale riteneva di poter realizzare in sintesi qualunque suono preesistente. L'unica differenza era che la musica concreta partiva da una fase preliminare di analisi. Nondimeno si richiamava anch'essa al triedro di riferimento , all'invenzione e al successo, cosa a cui l'autore non è stato purtroppo estraneo.
Frazionando il suono secondo i tre assi del triedro: tempo, frequenze, livello sonoro (mediante monitoraggio, filtraggio e riversamento amplificato), era possibile isolare  un "blocco di sensazioni" che, in confronto al suono sintetico, presentava il vantaggio di conservare le caratteristiche complesse del suono naturale. Ben inteso, erano altrettanto possibili le operazioni inverse: innalzare o abbassare le altezze dei "blocchi" per accelerazione o rallentamento avendo cura di compensare l'intervento mediante un corrispondente taglio sul tempo (cosa che si può fare automaticamente con l'aiuto del "fonogeno universale"); inoltre, ricomporre gli spettri sonori mediante mixaggio, raccordare gli elementi nella loro durata mediante collage. 
Come si vede, la riflessione delle due musiche, concreta e elettronica, ruotava attorno ad un comune errore: la fede del triedro e nella scomposizione del suono, che per gli uni avveniva secondo la serie di Fourier, per gli altri secondo "blocchi di sensazione". Si lavorava allora, da una parte a costruire dei robot, dall'altra a sezionare dei cadaveri. La musica viva era altrove, e doveva rivelarsi soltanto a coloro che avrebbero saputo evadere da quei modelli semplicistici.
Curiosamente, del resto, le opere finivano col rassomigliarsi tutte. Nel frattempo, i pionieri avevano annacquato il loro vino: mentre i "concreti" a poco a poco si sottraevano alle trappole dei loro giradischi, rimasti invero molto rudimentali, gli "elettronici" prendevano dalla musica concreta prestiti a volte inconfessati a volte palesi: voci, strumenti manipolati, tutto poteva servire per una musica che di elettronico non conservava che l'etichetta originaria; e questa ha finito col prevalere, cristallizzando, e credo per molto tempo, il malinteso iniziale. [...]