Roman Vlad. Musica d'oggi perché sei così brutta? intervista di Corrado Augias (1987)


Roman Vlad


Maestro Vlad, vorrei cominciare questa nostra ultima conversazione dedicata al dopo Wagner e alla musica del Novecento con una domanda che mi ha pregato di rivolgerle la mia portinaia Maria: perché la musica contemporanea sembra così poco attraente? Certe volte addirittura brutta e stonata? Ce lo può spiegare in poche parole?
"Guardi che la sua portinaia fa sua una domanda che è vecchia come la storia della musica".
Questo la farà felice, maestro
"Voglio dire che la musica nuova è sempre suonata agli orecchi dei contemporanei difficile, barbara, stonata, accetera eccetera. Di uno degli ultimi quartetti di Beethoven, l'opera 132, si disse che sembrava musica cinese, tanto era incomprensibile.L'editore s'impressionò al punto che chiese ed ottenne che Beethoven sostituisse quel movimento con uno più facile. D'altronde parlando di Mozart, tre settimane fa, abbiamo ricordato come fosse considerato, ancora ai tempi di Stendhal, un "cacciatore di dissonanze", un "barbaro romantico" che aveva invaso la terra classica della bellezza. Ma perfino Bach, il sommo Bach, non venne anch'egli accusato di rovinare la musica con le sue eccessive complicazioni? Una delle ragioni per le quali Bach venne allontanato da Arnstadt fu appunto perché, si disse,modulava nei suoi corali al punto che la comunità non li poteva più cantare".
Riferirò la sua risposta a Maria dicendole che ha torto marcio a lamentarsi be che la musica contemporanea è uguale a quella dei secoli passati, basta farci l'orecchio.
"Sbaglierebbe a dire così, metterebbe Maria fuori strada. a quello che ho detto, infatti, bisogna aggiungere che nel nostro secolo s'è però verificata una situazione diversa e più gravi di quelle avutesi durante le varie fasi della storia della musica. Come abbiamo ricordato nel corso della nostra prima conversazione, il Novecento è un secolo particolare e non si tratta soltanto di "digerire" degli accordi nuovi o delle combinazioni di suoni mai uditi prima, si tratta di superare un momento di discontinuità".
Ci sono mai stati precedenti dello stesso tipo? 

"Un altro momento di discontinuità in uno sviluppo che è invece continuo e consequenziale, fu quando venne adottato il temperamento equabile, ovvero il sistema tonale, basato sulla scala Do, Re, Mi, Fa ben temperata".
Cioè quando si disse che Do diesis era uguale a Re bemolle?
"Per l'appunto. Oggi le possibilità combinatorie offerte dal temperamento equabile della scala sono virtualmente esaurite e ci troviamo davanti a un nuovo momento di discontinuità. Questo vuol dire che il sistema equabile continuerà ad essere adoperato ma, accanto a questo sistema, si svilupperà,meglio si sta già sviluppando, un altro ordine musicale, anzi: diversi altri ordini musicali".
Quali segni lasciano intravedere non tanto la crisi del vecchio che è evidente ma l'avvento del nuovo?
"Per esempio il fatto che si stiano recuperando elementi non temperati del passato. Esauritosi il sistema equabile si cerca di recuperare modi e forme del sistema che lo ha preceduto. Il gusto della musica popolare invalso da un secolo e mezzo circa, il fatto che modi della musica popolare vengano mescolati alla musica colta, si spiegano proprio con questo bisogno-desiderio di attingere a fonti spurie e perciò stesso più fresche",
Farebbe rientrare il jazz nello stesso fenomeno?
"Il jazz è un fenomeno musicale ricchissimo e complesso, di grande fascino. Ma per un verso rientra certamente nel fenomeno di cui sto parlando. Il jazz per esempio si suona anche "tra le note" in un glissato di trombone ci sono intervalli non previsti da nessuna scala del sistema equabile. D'altro canto sentiamo che i cosiddetti "urlatori" o tanti cantanti rock, intonano anche loro "tra le note" ovvero urlano le note invece di intonarle semplicemente. Sono tutti sintomi di una certa stanchezza delle note. Alla quale si sta cercando di rispondere andando oltre il sistema temperato inventando cioè nuovi modi e nuovi strumenti. Per fortuna o per quella provvidenza che assiste la musica, questi nuovi modi ci sono".
Questa mi ricorda un altro tipo di provvidenza. Nel Seicento in Inghilterra s'era fatto il conto che se le esigenze dei cantieri navali si fossero mantenute per qualche altro decennio sullo stesso ritmo, tutti i boschi delle isole britanniche non sarebbero bastati a rifornirli il legame. Successe invece che in capo a pochi decenni si cominciarono a fare navi di ferro e nessuno pensò più ai boschi.
"E' un ottimo paragone. La provvidenza musicale, quella che ci ha consentito di sostituire navi di legno con navi di ferro, si chiama elettronica. L'elettronica, vale a dire la produzione elettronica dei suoni, consente oggi di andare al di là del sistema temperato in modo organico producendo, almeno in teoria, qualsiasi suono. Naturalmente questo facilita molto le cose. Penso che soltanto si tratta di cambiare e/o integrare una prassi strumentale vecchia di secoli, Però le complica anche. Come si dice in francese il n'y a des pires chaines que celles de la liberté (le peggiori catene sono quelle della libertà). Intendo dire che dovendo scegliere, dovendo inventare quasi tutto da capo, ci si trova davanti opzioni possibili così numerose che assomigliano al vuoto".
E' questo che facilita la fioritura dei vari sperimentalismi?
"Esattamente. Con altre parole potremmo dire che noi tutti in Occidente stiamo vivendo da qualche decennio una situazione di mancanza di leggi. Un pò come avveniva ai tempi del Far West. Chiunque fosse abbastanza forte o ricco cominciava a dettare legge su un certo territorio. Poi veniva uno più forte o ancora più ricco e cambiava tutto. Questa facilità o ricchezza sperimentale è facilitata poi dal fatto che in campo musicale non esistono regole di carattere  aprioristico. Ogni legge in musica ha soltanto il valore di una constatazione a posteriori d'un atto creativo. Sono gli atti creativi che creano i capolavori e sono a loro volta i capolavori che stabiliscono i criteri per valutare altre composizioni".
Busoni forse non sarebbe d'accordo con lei. Non fu lui a dire...? 
"Sì, Busoni disse che un grande capolavoro non insegna mai come deve essere fatto un altro capolavoro ma come mai più dovrà essere fatto un capolavoro. Intendeva con questo che ogni vera opera d'arte è un unicum non riproducibile né imitabile. Io però volevo dire un'altra cosa e cercherò di spigarmi con un esempio. Claudio Monteverdi impiega per primo, alla fine del XVI secolo, le "settime non preparate", procedimento compositivo proibito e che infatti fa scandalo al punto da essere considerato una "imperfezione de la moderna musica". Quando le settime diventano legittime? Nel momento in cui per la sensibilità di chi le adopera vengono a coincidere con una urgente necessità espressiva. E' in quel momento che L"imperfezione" diventa perfezione e dà vita a vere opere d'arte. Ed è dunque questa necessità interiore che dà la sanzione per dir così grammaticale all'espediente compositivo".
Ogni creatore insomma fa da sé le sue leggi?
"In certo modo sì. Guardiamo Bach. Con la stessa disinvolta, suprema autorità, Bach usa e infrange tutte le leggi della musica. Se si legge la sua partitura si vede che non ce n'è una, dico una, delle leggi accademiche dell'armonia e del contrappunto, che egli non abbia sovranamente violato. Seguiva il suo istinto, seguiva la legge superiore della sua ispirazione".
Abbiamo accennato nella prima conversazione, ma la ricordo per comodità del lettore, che nel Novecento tutte le arti sono alla ricerca di nuovi modi espressivi. Il romanzo, la pittura con le sue oscillazioni tra astrattismo e,  da qualche anno, nuova figuratività. La musica. Da che cosa è venuta in particolare la crisi della musica?
"La sua crisi è più profonda perché sono le sue stesse intime strutture linguistiche ad essersi esaurite. E' una crisi d'esaurimento la sua".
Lei dice che si è esaurito il linguaggio musicale. Ma perché allora se le dico "bianco come la neve", sento risuonare un eco sia pure debole sia pure un pò involgarita, della forza che quella metafora ha avuto quando è apparsa la prima volta, e se invece sento un accordo di Do maggiore non mi emoziono più neanche un pò.
"Perché il linguaggio musicale significa solo se stesso. La forza dell'accordo di Do maggiore (Do-Mi-Sol) che lei ha richiamato, sta solo nella combinazione di suoni che in quelle tra note, schiacciate insieme, producono. Dopo aver sentito per secoli la stessa combinazione di suoni, dopo averla trovata "barbara" o "stonata" all'inizio e poi dopo averla ben bene digerita, quella combinazione ha finito per sembrare soltanto banale. ma sia chiaro che io impiego la parola crisi nel senso suo proprio di transizione. Se da un lato c'è esaurimento del linguaggio musicale dall'altro c'é la formazione di nuovi linguaggi e con i nuovi linguaggi bisogna essere molto prudenti e pazienti".
Allora è questo che devo dire alla portinaia Maria, di essere prudente e paziente quando sente Stockhausen o Nono?
"Le farò un mio esempio personale. Quando da ragazzo ascoltai per la prima volta i sei piccoli pezzi Opera 19 di Schoenberg ricordo benissimo d'aver provato un senso assoluto di vuoto, di mancanza di senso. Poi, col passare degli anni, ciò che mi sembrava vuoto si è riempito è quella è diventata una delle musiche che oggi amo di più e che più mi hanno arricchito. Posso stare anni senza suonarla al pianoforte ma non ne dimentico neanche una nota. Che cosa vuol dire questo cambiamento d'opinione e di sensibilità? Che quando ascoltai l'Opera 19 per la prima volta non ero maturo, non ero in sintonia con le intenziioni del compositore".
Si potrebbe obiettare che qualunque essere umano è sempre in sintonia con la Sol minore di Mozart.
"Oggi, certo! Ma non allora, non ai tempi di Mozart. Bisognerebbe forse che un direttore d'orchestra trovasse un giorno il coraggio di eseguirla accentuandone la drammaticità in modo da far riscoprire al nostro orecchio quel senso di "orrore" che colpiva i contemporanei di Mozart. Del resto pensi a Bach. Bach era da un lato più antico ma dall'altro infinitamente più moderno dei suoi ascoltatori. D lui si diceva:" quest'uomo potrebbe essere la gloria del suo paese se non scrivesse musica così inutilmente complicata". 
Vorrei tentare di riassumere la risposta che darò stasera a Maria, rientrando, dicendo: primo,ogni musica nuova è, e sempre è stata difficile. Secondo, viviamo in una fase storica di crisi del linguaggio musicale il che complica un pò le cose rispetto al passato. Terzo, la musica comunque non è finita e tra le tante cose nuove che si sperimentano è sicuramente presente quella che avrà dalla sua l'avvenire. Quarto e ultimo, quando si ascolta musica contemporanea è necessario avere un pò di pazienza ma bisogna anche, con la stessa pazienza, esercitare l'orecchio al nuovo. Posso riassumere così?
"Lo faccia senz'altro. Maria le sarà molto riconoscente".







Santa Cecilia, patrona della musica.





Santa Cecilia martire, patrona della musica,e , secondo la tradizione, l'inventrice dell'organo a canne. Secondo la tradizione sarebbe vissuta soltanto 23 anni.L'antica Chiesa di Santa Cecilia in Trastevere le è stata dedicata dopo la sua canonizzazione nel VI secolo.
Gli Atti di Santa Cecilia raccontano la storia di una ragazza patrizia che si era consacrata ad una vita di verginità per amore di Cristo. Fidanzata contro la sua volontà con un giovane nobile pagano,Valeriano, gli Atti spiegano: "Venit dies in quo thalamus collocatus est, et, cantantibus organis, illa in corde suo soli Dominio decantabat dicens: Fiat cor meum et cotpus meum immaculatum, ut non confundar". ("Arrivò il giorno delle nozze e, mentre risuonava la musica, essa in cuor suo cantava solo a Dio, dicendo: "Sia puro il mio cuore e immacolato il mio corpo, percvhé non sia confusa").
Cecilia convinse il giovane a vivere con lei come un fratello e lo convertì alla fede cristiana. Furono scoperti e, quindi, furono condannati a morte.Cecilia fu prima soffocata con il vapore nel bagno della sua abitazione (o secondo alcune fonti gettata nell'acqua bollente) e, non essendo ancora morta, fu colpita alla testa con un'ascia, tre volte. Si crede che durante l'agonia, Cecilia abbia lasciato la sua casa alle autorità religiose, che in seguito la utilizzarono come chiesa.
Santa Cecilia è sempre raffigurata con un infinito numero di strumenti (organo, liuto, salterio, flauto, clavicordo, violini contrabassi, etc.) e con nugoli di angeli cantori intorno a lei.
La sua canonizzazione aiutò soprattutto i poveri musicisti che, fino a quell'epoca erano spesso considerati "fuori dalla legge della Chiesa".
A lei vennero dedicate molte composizioni musicali e un gran numero di associazioni di musica sacra e liturgica; inoltre tante accademie musicali e scuole presero il suo nome. Ma poiché Cecilia non fu mai musicista né compositrice, il motivo per cui è stata scelta come patrona della musica rimane a tutt'oggi un vero mistero!
Il Conservatorio di musica di Santa Cecilia a Roma, fra i più antichi e prestigiosi d'italia, è conosciuto in tutto il mondo. Nel 1556 Giovanni Pierluigi da Palestrina fondò a Roma la Congregazione dei musici di Roma sotto il patrocinio di Santa Cecilia: la fondazione prevedeva anche una scuola di armonia e di composizione.
Inizialmente la Congregazione fu aperta soltanto agli uomini desiderosi di accolse dopo una diventare maestri di cappella, ma nel 1774 accolse, dopo un regolare esame, la romana Maria Rosa Coccia, che fu la prima donna a diventare membro della Congregazione di Santa Cecilia.
Nel 1839, dopo alterne vicende, l'antica Congregazione si trasformò in Accademia e nel 1877 venne inaugurato ufficialmente il liceo musicale, come diretta emanazione dell'Accademia, un ex convento delle Orsoline situato nel cuore del centro storico di Roma,in Via dei Greci. In seguito fu annessa al liceo musicale una biblioteca musicale.
Nel 1895 fu inaugurata la Sala Accademica, destinata dsia ai concerti pubblici sia alle attività del liceo musicale. Nel 1912, con apposito regio decreto, il liceo si staccò definitivamente dall'Accademia e nel 1919 diventò il Conservatorio di Musica di Santa Cecilia.







Le ricette dell'"Opera"


Teatro Verdi di Salerno





Tegamino alla Tosca: preparare piccole tartine di pasta salata, spalmarle con panna acida, rompere su ogni tartina un uovo fresco, cospargere con fiocchetti di burro e parmigiano grattugiato e passare al forno.

Insalata alla Aida: mescolare invidia belga bianca, piccoli pomodori tagliati in pezzi,fondi di carciofo e peperoni verdi crudi tagliati a listelli; condire con una salsa a base di olio, sale, limone e mostarda in polvere e guarnire con rosso d'uovo sodo sbriciolato.

Fragole alla Tosca: macerare le fragole a base di succo d'arancia e kirsch e servirle poi su un vassoio d'argento coperte con crema Chantilly mescolata con fragole passate al setaccio o frullate e guarnite con amaretti sbriciolati.













































  



Lo scacciapensieri.


















Lo scacciapensieri è un curioso strumento, piacevole per chi lo suona a motivo del suo suono caratteristico e nasale; poco udibile invece per chi ascolta, causa l'esiguità della sua voce.
Una lamella elastica è fissata per un'estremità libera; il suonatore tiene il telaio tra i denti onde favorire con la risonanza della cavità orale il suono prodotto pizzicando la lamella con un dito, o con una cordicella. La bocca può atteggiarsi a posizioni diverse e quindi variare la capienza della sua cavità che funge da risonatore e che così a volta a volta amplificherà uno degli armonici del suono fondamentale emesso dalla lamella vibrante: proprio quel che avviene, in fondo,  nella fonazione per l'emissione della varie vocali. In questa maniera è possibile ottenere pure delle piccole melodie. Alcuni osservatori attribuiscono il timbro e l'altezza del suono al fiato dell'esecutore che investe la lamella, ma si tratta tuttavia di un elemento accessorio.
A ben vedere, l'azione del soffiare contro una lamella potrebbe avere una connessione con la nascita dello scacciapensieri. Nelle isole Hawai e nelle Marchesi un pezzo di bambù viene intagliato a un'estremità e una linguetta, sempre di bambù, trattenuta nell'intagliatura verticalmente, vibra quando vi si indirizzi contro la voce mentre si canta. Artefici come questo, per far vibrare delle lamelle col fiato o la voce, si ritrovano anche nella Melanesia e nell'Africa settentrionale. Siamo di fronte ad un altro strumento che ha per scopo d'alterare e mascherare la voce umana.
Circa la lenta evoluzione dello scacciapensieri, le dimensioni diminuirono gradualmente; la lamella fu da principio costituita da una sottile striscia incisa e sollevata dal medesimo telaio o supporto di bambù al quale testava attaccata per un'estremità (scacciapensieri idioglotti); in seguito essa venne ricavata separatamente, in bambù o in metallo. e quindi fissata al telaio per un'estremità (scacciapensieri eteroglotti). I modelli più antichi avevano una sottile cordicella, dalla parte opposta alla lingua, che metteva in vibrazione la lamella quando era tirata con strappi; i più recenti recano invece una sottile punta. Tutti questi tipi di scacciapensieri nacquero nell'Asia sud-orientale; nelle isole di Formosa e di Engano si possono ancora trovare esemplari di grande interesse, testimoni del passaggio tra le due forme. Si possono trovare stadi intermedi tra lo scacciapensieri con la lasmella ricavata dallo stesso supporto di bambù e quello moderno in metallo, che più recentemente viene costruito con una sottile linguetta d'acciaio saldata a un telaietto curvo di metallo a volte nella foggia di una forcina per capelli; altre volte rassomigliante a un ferro di cavallo.
Questo scacciapensieri metallo ha conosciuto due differenti forme: nella più antica, nota tramite l'Asia e comune nell'Europa del Medioevo, la parte terminale più larga della linguetta è proiettata oltre la curvatura del telaio; nell'altra più recente, la linguetta non supera il perimetro del telaio. L'elasticità della linguetta d'acciaio favorisce un suono più netto e consistente, ed è per questa ragione che alcuni popoli orientali giudicano lo scacciapensieri in metallo troppo rumoroso per poter conciliare il tranquillo stato di meditazione richiesto da uno strumento così intimo e personale. 












E.Chausson. Concerto per pianoforte, violino e quartetto d'archi.

E.Chausson



Il Concerto  fu composto fra il 1889 e il 1881 ed eseguito la prima volta a Bruxelles il 4 marzo 1892 dal Quartetto di Eugène Ysaye.
Suddiviso in quattro movimenti il Concerto ha come tema generatore della sua forma ciclica un'idea esposta dal violino solista sin dal 1° movimento (deciso). Segue a questo movimento iniziale, ora calmo, ora animato, una Siciliana (senza fretta) la cui grazia ritmico-melodica evoca Fauré. Il 3° movimento (grave), dapprima funebre, poi tragico e cantabile, ritorna per concludersi con l'idea lugubre dell'inizio. Il finale (molto animato) riprende i temi principali degli altri movimenti, in modo dinamico.
Il Concerto, dalle raffinatezze fine secolo, ha una sua collocazione fra C.Franck e Debussy.





E.Chabrier. Pièces pittoresques per pianoforte

E.Chabrier


Composti nel 1881, i Pièces pittoresques  furono eseguiti per la prima volta da Marie Poitevin, alla Socièté Nationale, il 9 Agosto di quello stesso anno.
La raccolta si apre con Paysage; seguono poi Mélancolie, Tourbillon, Sous-bois, molto apprezzato da Ravel per la fluidità delle sue armonie, Mauresque, Idylle, Danse villageoise, Improvisations, Menuet pompeux, orchestrato da Ravel nel 1918, Scherzo-Valse.
La musica delle dieci Pièces pittoresques mostra uno Chabrier allusivo, spontaneo, attento all'efficacia del suono.
Originali soprattutto dal punto di vista armonico, questa raccolta influenzò Debussy, Ravel e Satie.