Forme polifoniche profane del Cinquecento italiano.



All'inizio del '500, quando la poesia petrarchesca viene assunta come canone di riferimento con la Riforma di Pietro Bembo (1470-1547), per dare un nuovo corso alla poesia italiana, essa è utilizzata come fonte di testi del Madrigale, genere musicale la cui genesi sta nell'incontro dello stile frottolesco (1) con le virtù tecniche dei musici franco-fiamminghi. (2)
Il Madrigale è, quindi, una composizione polifonica, inizialmente a quattro e poi soprattutto a cinque voci, su testo poetico breve (come ad esempio un Sonetto), musicato frase per frase, di norma senza riprese e senza ritornelli.
Ma ciò che distingue il madrigale dalle altre forme è sopratutto l'attenzione all'illustrazione del significato delle parole Ov'è condotto il mio stile amoroso? , musicato da Luca Marenzio (1553-1599) il più acclamato compositore italiano di madrigali, presenta un'intonazione musicale che mira a mettere in evidenza le parole. Dal simbolismo visivo come le "note nere" per quelle parole che alludono a quella tinta e cioè l'ira o la morte, alle inflessioni espressive come l'uso di dissonanze.
Tuttavia verso la fine del '500 il madrigale, trasformando la sua primitiva ispirazione petrarchesca, mette in musica temi di natura realistica e descrittiva o di ambientazione popolare, ma senza perdere le sue strutture musicali caratteristiche.
Ad esempio il fiorentino Alessandro Striggio (1535-1590) si è specializzato in un tipo di madrigale d'ispirazione popolare, di cui un esempio famoso è Il cicalamento delle donne al bucato, a sette voci, che in un prologo a quattro scene, descrive le chiacchiere delle donne che lavano i panni, dando così vita alla Commedia Madrigalesca, ovvero all'indirizzo del madrigale dialogico o drammatico che verrà poi a culminare nei lavori più famosi di Orazio Vecchi (1550-1605) e di Adriano Banchieri(1568-1634): rispettivamente L'anfiparnaso (1597), La pazzia senile (1598), due spassose commedie di maschere, con intrecci da opera buffa.
Nel momento di massima fioritura della forma "colta" del madrigale, vi troviamo accanto forme poetico-musicali che si rifanno a modelli folkloristici. Sono da citare il Balletto di agile polifonia strofica su versi vivaci e punteggiati da sillabazioni senza senso (ad esempio "fa la la " ) e il musicista ricordato soprattutto per questa forma musicale è Giovanni Giacomo Gastoldi (1556-1622 di cui è il Balletto a cinque voci intitolato Il martellato (Possa morir che t'ama); la Canzonetta in cui eccellono Giuseppe Caimo (1540-1584) e lo stesso Orazio Vecchi su menzionato. Di quest'ultimo è la Canzonetta Son ben mi ch'a bon tempo, a quattro voci.
Di Bologna, già nel Quattrocento uno dei principali centri  di diffusione e di produzione della "lirica volgare" grazie agli ambienti favorevoli della Corte dei Pepoli e dell'Università, è Ghinolfo Dattari (1540-1617).
Il compositore, storico e bibliografo Gaetano Gaspari (Bologna 1807-1881) scrive che Dattari "Entrò... in San Petronio cantore nel febbraio 1555 con lire quattro al mese...morto Andrea Rota maestro della cappella nel giugno 1597, servì provvisoriamente il Dattari dal luglio detto anno fino a tutto il seguente 1598 con lire dodici mensili all'aprirsi del 1599 in che fu eletto maestro di Cappella di San Petronio don Pompilio Pisanelli. (3).
Dattari ha composto Canzoni Villanesche a quattro voci , nella Dedicatoria: "Allo Ill.re Signore Camillo Gaddo degli Elefantuzzi, egli dice esser queste canzoni primizie del suo ingegno" (4), sono state pubblicate a Milano nel 1594  da Francsco Moscheni. Le Villanelle a tre , quattro e cinque voci dono state pubblicate "In Vinegia, appresso Girolamo Scotto 1568...La dedicatoria è al Conte Giulio Pepoli". (5).
Di Dattari è la Villanella Se sapresti indovinar quel ch'io vorria, a quattro voci: l'intonazione musicale riflette con precisione l'articolazione del testo poetico di impianto folklorico- con l'uso del ritornello (di uno o più versi) alla fine di ogni strofa-  in uno snodarsi particolarmente sillabico alla scansione e con evidenti cesure musicali in corrispondenza alla fine dei versi.
La Villanella, quindi, è una composizione vocale di origine napoletana che. adattando testi strofici vivaci e spontanei perlopiù esprimenti pene d'amore (spesso in dialetto) a un contesto polifonico generalmente a tre voci di andamento omoritmico, si è diffusa poi nelle regioni nordiche evolvendosi nello stile e nel contenuto letterario e trovando illustri compositori come addirittura un Marenzio o un Willaert (6).
Concludendo, è significativo a tal proposito citare alcuni passi tratti dall'autobiografia (1576) di un musicista inglese, di passaggio in Italia nel 1553-1555, di nome Thomas Whynthorne: "Nella parte estrema d'Italia c'è una regione detta Regno di Napoli....I montanari e i contadini della qual regione coltivavano un certo genere di musica che differisce da tutti gli altri in Italia. E sebbene nella composizione di essa musica (che ha tre sole voci)vi siano mende ed errori, per la piacevole stranezza della sua maniera svariati musicisti non soltanto l'hanno emendata e riscritta a quattro parti, ma anche svariati altri musicisti, imitandola, di proprio pugno ne hanno fatta di simile. E, come loro, anch'io ne ho pubblicata in tal maniera, a tre , quattro e cinque voci, nelle mie opere".

Note:

(1) Frottola: forma di musica polifonica a quattro voci diffusasi in Italia tra la fine del '400 e l'inizio del '500.
(2) La tecnica fiamminga fa proprio il principio della consonanza e dell'equilibrio formale. L'arte fiamminga dominò l'Europa nei secoli XV-XVI, soprattutto nel campo della polifonia sacra.
(3) (4) (5) Catalogo della Biblioteca del Liceo Musicale Di Bologna compilato da Gaetano Gaspari.
(6) Adriano Willaert (1490-1562), musico franco-fiammingo