Vincenzo Galilei |
Della sua produzione ci restano 2 libri di madrigali, intavolature e altri pezzi per liuto; è andata perduta una musica sul testo del XXXIII canto dell'Inferno dantesco. Di grande importanza sono le opere teoriche, tra cui Fronimo, sulle intavolature per liuto (1568), il Discorso intorno alle opere di Zarlino (1589) e il Dialogo della musica antica et della moderna (1581), ove il teorico ha tracciato i principi fondamentali del nuovo stile musicale che teorizza i principi estetici della Camerata fiorentina quali l'affermazione della monodia sulla polifonia e il ritorno alla tragedia greca
La nuova musica, la monodia accompagnata, rappresentava la ripresa della tradizione della musica greca che si riteneva fosse ad una voce sola o all'unisono. Anche la teoria greca di un ethos musicale proprio ad ogni modo sembrava andar d'accordo con l'idea che la musica dovesse muovere gli affetti.
Per Galilei "questa maniera di cantare più arie insieme" - come affermava a proposito della polifonia - era assurda non solo per la confusione linguistica e musicale che generava, ma anche per il fatto che mescolava insieme ethos diversi, sovrapponendo scale diverse e rendendo nullo o confuso l'effetto prodotto sull'animo dell'ascoltatore.
Mentre la musica antica rispettava la forma e valorizzava il significato della parola, assicurandone la percepibilità e lasciava esprimere compiutamente le virtù emotive e catartiche del canto,ora era diventato impossibile per l'attuale egemonia del contrappunto con le sue norme tecniche astratte, che lacera la forma ed oscura l'evidenza comunicativa delle parole.
Nel Dialogo della musica antica et della moderna, al di là dell'opposizione alle complicazioni della scrittura polifonica, Galilei ha tracciato un profilo umoristico delle esagerazioni manieristiche compiute da compositori, i madrigalismi, come l'uso di sincopi per un'animazione discorsiva o l'uso di "note nere", non perché siano praticate alterazioni cromatiche ma per la colorazione di parole poetiche che alludono a quella tinta.
A tal proposito Vincenzo Galilei così scriveva: "Dicono dunque, anzi tengono per fermo i nostri pratici Contrapuntisti di avere espressi i concetti dell'animo in quella maniera che conviene, e di avere imitato le parole, tutta volta che nel mettere in musica un Sonetto, una Canzone, un Romanzo, un Madrigale o altro, nel quale trovando verso che dica per modo d'esempio Aspro core e selvaggio, e cruda voglia, che è il primo d'uno de' sonetti del Petrarca, averanno fatto tra le parti nel cantarlo di molte settime, quarte, seconde e seste maggiori, e cagionato con questi mezzi negli orecchi degli ascoltanti un suono rozzo, aspro e poco grato [...] Altra volta diranno imitar le parole quando tra quei lor concetti ve ne siano alcune che dichino fuggire, o volare: le quali proferiranno con velocità tale e con sì poca grazia, quanto basti ad alcuno immaginarsi. Et intorno a quelle che averanno detto sparire, venir meno, morire o veramente spento. hanno fatto un istante tacere le parti con violenza tale, che invece di indurre alcuno di quelli affetti, hanno mosso gli uditori al riso, et altra volta a sdegno, tenendosi per ciò d'esser quasi che burlati. Quando poi averanno detto solo, due, o insieme, hanno fatto cantare uno solo, due, e tutt'insieme con galanteria inusitata. Hanno altri nel cantare questo particolar verso d'una delle sestine del Petrarca Et col bue zoppo andrà cacciando Laura, proferitolo sotto le note a scosse, a onde, e sincopando, non altramente che se eglino avessero avuto il singhiozzo; e facendo menzione il concetto che egli hanno tra mano (come alle volte occorre) del romore del Tamburo, o del suono delle Trombe, o d'altro strumento tale, hanno cercato di rappresentare all'udito col canto loro il suono di esso, senza fare stima alcuna d'aver pronunziate tali parole in qual si voglia maniera inusitata".
*Vincenzo Galilei fu il padre dello scienziato Galileo.