Nell'antico Egitto la musica accompagnava le feste, i banchetti e le cerimonie religiose.
La musica aveva un ruolo importante nei rituali del tempio dove era eseguita da sacerdoti-cantori o da donne musiciste appartenenti a famiglie nobili; erano presenti anche danzatori e danzatrici spesso di provenienza siriana.
Un'intensa attività musicale era svolta alla corte del faraone, dove cantanti e strumentisti avevano una posizione di prestigio. Sono arrivati a noi nomi di diversi musicisti: la cantante Iti, epoca V dinastia, è raffigurata con l'arpista Hekenu in un rilievo della necropoli a Saqqara.
In realtà della musica egiziana conosciamo ben poco, perché probabilmente non esisteva una notazione in quanto, come nelle altre civiltà antiche, la musica era di tradizione orale.
Si è cercato di formulare delle ipotesi sui sistemi musicali egiziani dal momento che non abbiamo alcun frammento di notazione scritta:
Uno studio sull'accordatura dell'arpa indusse Curt Sachs ad affermare che gli egiziani conoscevano ed impiegavano scale pentafoniche discendenti. molte illustrazioni parietali o su papiri riproducono esecutori che suonavano il loro strumento avendo di fronte cantori e atteggiavano variamente le braccia, le mani e le dita. Sachs, pertanto, ha proposto di dare a queste varie posizioni il nome di "chironomia" e le ha interpretate come una sorta di notazione. La chironomia venne quindi trasmessa agli antichi greci e la ritroveremo direttamente nel Medioevo poiché sarà l'origine della scrittura neumatica. Infine la chironomia venne utilizzata da Guido D'Arezzo, il trattatista e didatta più importante di tutto il Medioevo, con l'ingegnoso sistema della "mano armonica" o "guidoniana"; il chironomo egiziano era alle volte contemporaneamente anche cantore e stava accovacciato di fronte ai musicisti, facendo gesti con le mani dal significato ritmico e melodico.
I movimenti che più frequentemente compaiono sono il pollice che tocca l'indice e va formare una specie di anello e la mano con le dita tese gli studiosi ritengono che questi due diversi e ricorrenti atteggiamenti della mano stiano ad indicare, in termini di armonia, la nota fondamentale e la quinta; i successivi gradi di una scala sarebbero indicati dalla differente inclinazione del braccio rispetto all'avambraccio, per cui più acuto è l'angolo, più acuta è la nota.
La civiltà egiziana fu, nel corso della sua millenaria storia, indissolubilmente legata alla magia, come credenza nel potere delle parole magiche, negli incantesimi, negli oggetti e nella rappresentazione di cerimonie accompagnate dalla recitazione intonata di formule.
Uno dei documenti più antichi è l'insieme delle iscrizioni incise nella piramide del re Unis della V dinastia. Nella camera mortuaria del re si trovano intere pareti di geroglifici di tre specie quanto al contenuto: testi relativi al rituale dei defunti, preghiere, formule per guarire o preservare dal morso degli scorpioni e dei serpenti.
Un altro documento antichissimo e di maggiore interesse è un inno al Nilo, che corrisponde ad un incantesimo per ottenere la pioggia. Questo incantesimo era di competenza del faraone il quale, attraverso l'intonazione di questo inno, assicurava al Paese l'acqua agognata.Nell'ultima strofa si trova una serie di invocazioni ritmicamente disposte che testimoniano sia un'idea musicale sia il carattere magico.
Il fascino di questa antica civiltà, della quale oggi non vi è più traccia, è tale da essere confusa con la mitologia.
Tuttavia il mito si materializza nelle tracce imponenti e impressionanti di quel passato: i grandiosi monumenti, la sacralità dei templi, la maestosità delle piramidi; ma il mito si trasfigura anche nella storia di un popolo che sviluppò le arti e, l'inno al Nilo, al cui maestoso fluire si legano tutt'oggi le forme di vita di questa terra, costituisce un'esemplare testimonianza.