Un singolare musicista del Cinquecento: Gesualdo da Venosa (1560-1613)





Figlio di don Fabrizio Gesualdo, uno dei maggiori esponenti della nobiltà meridionale, nipote per parte di madre di San Carlo Borromeo, per parte di padre del Cardinale Alfonso Gesualdo, arcivescovo di Napoli, Carlo Gesualdo fu avviato giovanissimo alla musica,che coltivò per tutta la vita per passione intellettuale e non per esigenze professionali o obbligo d'ufficio, ritenuto disdicevole per il suo rango. Infatti, non a caso, la maggior parte delle sue composizioni, venne pubblicata ad opera di musicisti della splendida Accademia musicale presieduta dal padre.
Tra i musicisti di spicco: Rocco Rodio, Scipione Stella, Pomponio Nanna, quest'ultimo ritenuto secondo alcuni studiosi maestro di Gesualdo.
Nel 1586 sposò la cugina Maria d'Avalos, dalla quale ebbe due figli. Tuttavia il matrimonio ebbe un epilogo sanguinoso: il 26 ottobre 1590, sorpresa la moglie in flagrante adulterio con don Fabrizio Carafa, duca d'Andria, la fece uccidere con l'amante dai propri servi. Tra le vittime di questa atroce tragedia ci fu forse anche, più tardi, il piccolo secondogenito, che Gesualdo riteneva nato dalla relazione adulterina della moglie.
A proposito di questo episodio, assurda è l'interpretazione in chiave autobiografica dell'opera di Gesualdo da parte di alcuni critici, i quali hanno stabilito una arbitraria connessione tra esperienze estetiche e presunte tendenze omicide del musicista.
Nel 1594 si trasferì a Ferrara, non tanto per sfuggire alla giustizia, quanto per evitare la vendetta dei parenti degli uccisi.Lì sposò in seconde nozze Eleonora d'Este, nipote del duca Alfonso II, di una decina di anni più anziana di lui.
Gesualdo ebbe nodo di intrecciare legami con l'ambiente musicale e culturale di Ferrara: fondamentale il rapporto con i musici di corte come Luzzaschi, da lui amato e celebrato, Wert, bandito tempo addietro dalla corte per una relazione amorosa con Tarquinia Molza, una della cantatrici del celebrato "Concerto delle Dame" ferraresi.
Contribuirono al repertorio delle Dame non solo Luzzaschi e Wert, ma anche Marenzio, Monteverdi e lo stesso Gesualdo. Il principe napoletano inoltre conobbe Guarini; Torquato Tasso, che era già stato suo ospite a Napoli nel 1588 e nel 1592 residente anche lui in quel periodo a Ferrara, gli aveva offerto non meno di quaranta poesie per musica.
Dalle lettere di un musicista ferrarese, A.Fontanelli, emerge il ritratto di Gesualdo i cui tratti essenziali sono: una passione sfrenata per la musica e curiosità per le più avanzate esperienze stilistiche del tempo, ma anche sprezzante alterigia nobiliare, amore per il formalismo del cerimoniale e, al tempo stesso, insofferenza per le convenzioni sociali.
Dopo il 1597 Gesualdo ritornò a Napoli e vi rimase sino alla fine dei suoi giorni.
Nell'opera di Gesualdo, comprendente sei libri di madrigali a 5 voci e un libro a 6 voci e alcune composizioni sacre, è riflessa quella sua passionalità violenta e contrastata. L'espressione artistica risulta altamente personalizzata attraverso una audace originalità dei mezzi tecnici: il suo stile cromatico e dissonante, l'irregolarità ritmica non seguono le consuete regole del comporre musicale.
Scrive Bianconi  che "se arbitrariamente, si omettesse di cantare il testo, come ha fatto Stravinskij strumentando il madrigale intitolato Beltà che poi t'assenti, la musica di Gesualdo, estraniata, suonerebbe moderna e fossile  a un tempo". (1)
La partitura del 1613, che contiene i sei libri di madrigali riuniti, approntata dall'editore genovese Simone Molinaro, assunse una funzione didattica: Scarlatti, scriveva, in una sua lettera del 1706, di essersi spesso dilettato a cantare e a studiare i madrigali del "nobile" musicista.
Così, mentre gli artificiosi madrigali, diventarono oggetto di studio del contrappunto florido e del cromatismo pervadente, a Roma in casa Barberini già si suonavano sulle viole i madrigali di Carlo Gesualdo, principe di Venosa: nasceva la nuova musica strumentale seicentesca.


Note
(1) Lorenzo Bianconi, Il Seicento. Storia della musica, EDT, Torino 1982, P. 9