Gustav Mahler





Il mondo della sinfonia mahleriana.


"L'idea più volte ripetuta da Mahler, che la sinfonia dovesse abbracciare un intero mondo, aveva in sé forti implicazioni anticlassiche, anzi, francamente eversive, per le spregiudicate aperture che comportava, ma soprattutto per il modo in cui venivano fatti convenire materiali colti e non, delle più diverse provenienze. In quel mondo potevano convergere ed essere accolti, in senso diretto o reale, molti aspetti e problemi del sinfonismo postbeethoveniano: le eredità di Schubert e Bruckner, alle quali per prima pare naturale ricollegare l'esperienza sinfonica di Mahler, ma anche certe laceranti tensioni di Schumann, l'irrompere del "brutto" nei momenti demoniaci di Berlioz e Liszt e naturalmente Wagner. Ma vi trovano posto molte altre cose e non soltanto di origine sinfonica o teatrale (non esclusa l'operetta), marce militari o funebri, danze di vario genere, canti popolari, fanfare, segnali, "suoni della natura", vocaboli che sembrano appartenere a un paesaggio interiore, a una personale sfera della memoria da cui traggono significati irripetibili. [...] Il virtuosismo della costruzione compositiva si esercita non su un vuoto di invenzione, come fu più volte rimproverato a Mahler, ma su materiali a lui necessari per dar voce ad un universo carico di inquietudini, interrogativi, insicurezze: di ben altro vuoto si tratta. Così come il gigantismo, le dilatazioni formali non sono frutto di vacua prolissità: l'eloquenza di Mahler sembra spesso simile al silenzio scelto dal Lord Chandos di Hofmannsthal, cui le parole astratte si sfacevano nella bocca come funghi ammuffiti. La complessità, l'organizzazione e le fratture, le tensioni, lacerazioni o ambivalenze del denso fluire, dilatarsi e gesticolare degli organismi sinfonici mahleriani rivelano con quel silenzio affinità maggiori di quanto la prima impressione e l'energia stessa della sua ansia demiurgica potrebbero far pensare"
da: P.Petazzi, Le sinfonie di Mahler, Marsilio,Venezia 1998, pp.XI-XII