G.Paisiello. La Nina pazza per amore










Figlio del maniscalco di una casa patrizia, Giovanni Paisiello (1740-1786), lasciò la nativa Taranto grazie alla munificenza di due esponenti della nobiltà locale, colpiti dalle sue notevoli doti, per studiare musica a Napoli, al Conservatorio di Sant'Onofrio a Capuana, dove nel 1759 era già "mastriciello", allievo emerito che curava l'istruzione dei più giovani.
dopo aver composto della musica sacra e un intermezzo, iniziò una vera e propria attività di operista tra il 1764 e il 1766 a Bologna, Modena, parma e Venezia. Tornato a Napoli, vi si affermò soprattutto con L'idolo cinese, che aprì le porte della corte all'opera buffa e quelle degli ambienti culturali della città all'autore.
Dopo alcuni anni di intensa attività, culminati nella spassosamente farsesca Il duello e nella pungente satirica Socrate immaginario, nel 1775 fu chiamato a Pietroburgo dalla zarina Caterina II per succedere al Traetta come maestro di cappella e supervisore dell'opera italiana.Negli otto anni trascorsi in Russia realizzò numerosi lavori strumentali e lirici, tra i quali tre opere giocose: La serva padrona, sullo stesso libretto musicato da Pergolesi, il Barbiere di Siviglia, su libretto di Petrosellini tratto dalla commedia di Beaumarchais, e  "l mondo della luna, su testo di Goldoni.
Contrasti con l'ambiente musicale ed una malattia della moglie lo indussero sa ritornare a Napoli, passando per Vienna, dove nel 1784 diede, su commissione doi Giuseppe II, "Il re Teodoro in Venezia", opera che nella sua fusione di comicità e di malinconica dolcezza preludeva a Nina o La pazza per amore . opera in due atti, da Nine ou La folle par amour di Marsollier des Vivetières, rappresentata nel giardino della reggia di Caserta il 25 giugno 1789 con un successo che l'avrebbe accompagnata in tutta Europa fino al primo Ottocento, tanto da far dire che se "Nina era pazza per amore, il pubblico era pazzo per Nina".

Descrizione dell'opera

La straordinaria fortuna della Nina, iniziata fin dal suo primo apparire, perdurò anche nel primo Ottocento in tutta Europa. La celeberrima nenia dell'eroina, Il mio ben quando verrà...,e la dolcezza del suo smarrimento, più che pazzia, cui mestamente partecipano i familiari, serbò a lungo il suo fascino in un'epoca che votò all'oblìo tanta parte della musica operistica settecentesca.
Atto I. La cameriera Susanna (soprano) racconta l'antefatto: Nina (soprano) amava Lindoro (tenore), ma il padre (basso) accettò la richiesta di un pretendente più ricco; Lindoro, battutosi in duello col rivale, ebbe la peggio e venne creduto morto.
Da allora Nina è in preda a una dolce follia. Perduta ogni memoria che non riguardi Lindoro, passa le sue giornate in attesa dell'amato. Quando è trascorsa l'ora in cui egli era solito giungere, torna sospirando a casa, in attesa dell'indomani
Tutti, anche il pentito padre, disperano di veder guarita Nina, e solo il ballo Giorgio spera ancora.
Atto II. Torna Lindoro, guarito. Accolto come un figlio dal padre di Nina, si dedica pazientemente, anche se all'inizio un po' smarrito, a riportare l'amata alla ragione. Lentamente, infatti, Nina ritorna in sé e riconosce Lindoro tra le cui braccia si abbandona

Il mio ben quando verrà.
Nina soprano
 (dal'Atto I)
il mio bel quando verrà
a veder la mesta amica,
di bei fior s'ammanterà
La spiaggia aprica.
Ma nol vedo, ma sospiro
e il mio ben, ahimé, non vien.
Dentro all'aure spiegherà
la sua fiamma, i suoi lamenti;
mille, o augei, v'insegnerà
più dolci accenti.
Ma non l'odo! E chi l'udì?
Ah! il nio ben ammutolì.
Tu,cui stanca ormai gia fé
Il mio pianto eco pietosa,
ei ritorna e dolce a te
chiede la sposa.
Pian mi chiama, piano, ahimè!
No... non mi chiama. Oh Dio!non c'è!
Ma nol vedo...Ma sospiro...
Ahimé, non vien!...
Ah! ammutolì!Oh Dio! non c'è!
No...Oh Dio! Oh Dio! non c'è