Gli arnesi del suono. Antichi strumenti musicali.





L'origine e l'impiego degli strumenti musicali erano in gran parte collegati alle esigenze magiche e rituali: il suono, inafferrabile ed invisibile, conteneva nella sua fugacità componenti immateriali e oscure capacità di incantare i luoghi e di evocare spiriti e divinità.
Solo molto più tardi gli strumenti musica si svilupparono anche sotto il profilo estetico ed espressivo. In base alla loro forma, Curt Sachs (eminente musicologo tedesco) distingue tre culture da cui essi avrebbero avuto origine: l'Egitto e la Mesopotamia, l'antica civiltà cinese e l'Asia centrale.
Infatti, gli strumenti musicali occidentali sono quasi tutti riconducibili alle principali culture dell'antichità. Nell'alto Medioevo si verificò un afflusso dal vicino Oriente tramite Bisanzio (e cioè i Balcani e l'Italia) e l'Islam (attraverso la Sicilia e la Spagna). Queste trasmigrazioni , dovute a commerci, guerre, Crociate, ecc., furono così numerose e varie da rendere oggi quasi impossibile la loro ricostruzione dettagliata.
L'evoluzione di maggior rilievo che si verificò nella storia della musica tra il 1400 ed il 1600 fu l'emancipazione della musica strumentale dalla musica vocale. Gradualmente i musicisti s'appropriarono di tutti i generi delle forme vocali, senza limitarsi unicamente alla musica da Danza: venivano eseguiti sugli strumenti i Mottetti e i Madrigali.
Successivamente organisti e liutisti, usando musica scritta a diverse parti, destinate ciascuna ad essere eseguita da un singolo musicista, le adattarono alla speciali caratteristiche delle loro mani e dei loro strumenti, sviluppando così un proprio stile. Infine i compositori crearono forme di composizione esclusivamente strumentali, differenti da quelle adoperate per le voci.
Lo stadio conclusivo dell'emancipazione della musica strumentale prese avvio nella seconda metà del '500, quando si cominciò a considerare l'orchestrazione.
Importanti documenti per la storia degli strumenti musicali sono le testimonianze lasciateci dalla Poesia, dalla Scultura, dalla Pittura e, soprattutto all'inizio del '500, con l'avvento della stampa, molti trattati sugli strumenti stessi.
Per quasi due secoli alcuni di questi strumenti divennero popolari e, alla fine del '700, molti di essi erano gi ridotti allo stadio di pura curiosità.Infine è da sottolineare il fatto che in seguito non furono inventati nuovi strumenti, anche se la distanza che separa un rabab e una ribeca medioevale da un violino Stradivari è senza dubbio considerevole.

rabab



ribeca

Gli strumenti, quindi, non sono soltanto "arnesi" atti  a plasmare il materiale sonoro, secondo l'estro e il genio del musicista, ma possono essere anche lo stimolo, attraverso il contributo della tecnologia e soprattutto della tecnica dell'esecuzione, per determinare veri e propri fatti linguistici nella storia dell'espressione musicale.
Ecco dunque gli antenati dell'orchestra che conosciamo oggi.
Tra gli strumenti a corda, figurano la crotta (o rotta), forse il più antico, derivato probabilmente dalla cetra classica, dalla quale originariamente seguiva anche la conformazione e la pratica consecutiva. Successivamente fu impiegata come strumento ad arco; la viola, che è poco più grande del violino).




crotta




Negli strumenti a corda, la viola occupa un posto di assoluta preminenza, almeno per gran parte del Rinascimento. La cassa armonica aveva il fiondo piatto e gli incavi a semicerchio; spesso il manico terminava con la scultura a forma di testa di donna o di un animale. I modelli più piccoli, detti viola da braccio, erano tenuti dall'esecutore appoggiati sulla spalla sinistra o anche in grembo; quelli più grandi, detti viola da gamba, erano tenuti fra le ginocchia o appoggiati a terra
La viola ebbe grande diffusione fino al XVIII, quando, in seguito al decisivo affermarsi del violino, cadde in disuso.




viola




La viella era uno strumento particolarmente diffuso,soprattutto fra i trovatori, che se ne servivano per accompagnare il canto. La cassa , di forma ovale, era a fondo piatto, il cavigliere a disco, con i piroli frontali; le corde venivano messe in vibrazione da un arco ricurvo.




viella




La lira la troviamo già presente presso antiche civiltà: i Sumeri, gli Assiri, gli Egiziani, i Greci. Oggi sotto altri nomi, figura in molte culture primitive (es.il Kissar del Sudan e dell'Uganda). Le corde tese fra la base inferiore della cassa e una traversa che, a sua volta, unisce le estremità delle sua corna di gazzella, erano poste in vibrazione con un plettro o pizzicandolo.




lira








Nel Medioevo la lira era in disuso e il termine venne adottato per indicare uno strumento , la del tutto diverso, la cosiddetta lira da braccio tanto dipinta come strumento angelico nelle pitture rinascimentali. Aveva il corpo ampio e piatto; strumento ad arco, si suonava stretto al petto. Dalla lira da braccio derivò la lira da gamba, molto usata per eseguire il basso nelle esecuzioni vocali dei Madrigali.




lira da braccio






La ribeca (corruzione dall'arabo rabab, attraverso il provenzale ribeca) giunse in Europa dall'oriente intorno all'VIII secolo. Dalla cassa a forma di mezza sfera allungata, la Ribeca veniva usata prevalentemente per accompagnare la danza e per raddoppiare il canto all'unisono. Con l'avvento della viola, che in parte da essa deriva, scomparve progressivamente, ma rimase nella civiltà contadina. Non per nulla il rustico suonatore shekspiriano di Giulietta e Romeo fu chiamato Hugh Rebeck.




ribeca






La ghironda è uno strumento caratterizzato da una manovella che si trova all'estremità della cassa: essa mette in rotazione una ruota posta sotto le corde che, a contatto con la ruota, vibrano. L'esecutore teneva lo strumento sulle ginocchia; girava la manovella con la mano destra e azionava i tasti con la sinistra. Ancora oggi è in uso nella Francia meridionale (vielle à roue).




ghironda


Il violino nacque intorno alla metà del XVI secolo, come trasformazione e perfezionamento delle più piccole viole da braccio, il soprano o violino (da notare che tale nome era già in uso prima che nascesse il moderno violino) non senza l'influsso di certi strumenti come la lira da braccio. portato in breve tempo ad alta perfezione tecnica ed estetica dai maggiori liutai del tempo in virtù delle sue eccezionali possibilità  virtuosistiche, del timbro purissimo, penetrante e dolcissimo, soppiantò in breve tutti gli altri strumenti ad arco allora in uso, dando vita, a sua volta, a una famiglia (i moderni contrabbasso, violoncello, viola). Infine è da ricordare l'esistenza di un violino ancora più acuto, la pochette (violino da tasca) usato soprattutto dai maestri di danza, per accompagnare il ritmo. Veniva tenuto nell'ampia tasca della "velade", la spaziosa e svolazzante sopravveste. Fu usato fino al '700 avanzato.


violino




Il liuto  (antico Leuto, dal francese "laut", a sua volta dall'arabo a-l'ud) è uno strumento a corde pizzicate. Il liuto trae origine dallo strumento arabo-persiano A-L'ud, molto diffuso in tutto il Medio Oriente Egitto, Mesopotamia). Strumenti dello stesso tipo, anche se con nomi diversi, erano conosciuti dai cinesi e dagli indiani, con modeste varianti nella forma. Giunto in Europa al tempo delle Crociate, vi ebbe vasta diffusione ed una letteratura imponente, fra il XVII e il XVIII secolo, diventando lo strumento di base per l'educazione musicale prima di essere soppiantato dal clavicembalo.
E' costituito da una cassa di legno a fondo panciuto e disegnato a forma di pera , con manico corto e largo, terminante in un cavigliere inclinato: sulla tavola si trova una rosa finemente ritagliata. Già noto in Spagna, verso la fine del X secolo, citato più volte da Dante, cominciò ad avere una propria letteratura  verso l'inizio del '500, con le raccolte dello Spinacino (Fossombrone XV secolo-Venezia dopo il 1507), del Dalza (Milano, XV secolo), ma nell'arte del liuto, era maestro assoluto Francesco da Milano (1497-1543 ca.).




liuto








La Cetra appartiene alla famiglia della chitarra, da cui riprende la tecnica di esecuzione, la scrittura è uguale all'intavolatura (sistema di intavolazione semplificata) del liuto. Già conosciuta in epoca greca e romana (cithara), la cetra fu in uso soprattutto dal XV al XVIII secolo, poi venne soppiantata dalla chitarra, Caratteristica è la cetra d tavolo, strumento rettangolare, a pizzico, che viene appoggiato orizzontalmente su una superficie. Originaria delle zone dell Alpi tedesche, questo strumento è rimasto confinato nell'ambito della musica popolare.




cetra








L'arpa è una strumento familiare all'ascoltatore moderno; di origini remote, è giunta fino a noi senza grandi cambiamenti nelle sue parti essenziali. L'arpa presenta delle rassomiglianze con taluni strumenti dei popoli arcaici viventi. Le prime sicure testimonianze sono rintracciabili nelle iconografie egiziane e assire, comprendenti modelli verticali e orizzontali di diverse dimensioni. Scomparsa nell'alveo della civiltà greco-romana, l'arpa ricompare nel VI secolo entro l'orizzonte culturale irlandese ed anglosassone. Il Museo di Dublino conserva uno splendido esemplare di poco posteriore al Mille. Fu lo strumento accompagnatore del Minnesanger germanici (corrispondono ai trovatori e trovieri francesi).L"Ars Nova" (XIV secolo) ebbe familiare l'arpa, che incontrò crescente fortuna nei secoli successivi, come strumento solista e per accompagnare la voce, finché non fu immessa per la prima volta nell'orchestra da Monteverdi nell'Orfeo (1607).




arpa








L'organo è uno strumento aerofono a tastiera: il suono viene prodotto dalla vibrazione dell'aria nelle canne, introdotta da mantici che vengono azionati dalla tastiera e dalla pedaliera. Progenitori dell'organo sono considerati la Siringa e flauto di Pan (in cui il mantice era sostituito dal soffio dell'uomo) e la zampogna (col caratteristico serbatoio d'aria).
Il modello più antico, l'hidraulis, risale al III secolo a. C. Dopo un primo periodo di opposizione, il Cristianesimo accoglie l'organo nelle chiese intorno all' IX secolo e dal quel momento l'evoluzione dello strumento fu rapida, per quanto di difficile documentazione. Accanto agli organi delle cattedrali, dotati di grandi canne, di enormi mantici, per il cui funzionamento erano impiegate decine di persone, si svilupparono organi più piccoli: l'organo detto "portantino", che si suonava con la mano destra, mentre la sinistra muoveva il mantice, l'organo positivo (così chiamato perché veniva posato su un tavolo) che si suonava con le due mani, mentre un'altra persona era addetta al mantice. Infine, una curiosità: c'era un tipo di organo che, dopo l'uso, veniva ripiegato come una grossa Bibbia, venne perciò chiamato bibleregal.




organo


Altri strumenti a tastiera: Il clavicordo di forma analoga al clavicembalo, ma di dimensioni ridotte e con una sola tastiera, ne differisce per il modo in cui è prodotto il suono: nel clavicembalo le corde vengono pizzicate, nel clavicordo vengono percosse (come del resto avviene nel moderno pianoforte).
Il clavicordo risale almeno al XIV secolo e conobbe la massima diffusione in Europa nel XVI secolo; poi a poco a poco, fu soppiantato dal clavicembalo, ma non completamente, dato che rimase come strumento da studio e conobbe sino alla fine del XVIII secolo, il favore di molti dei principali clavicembalisti e organisti spagnoli e tedeschi, fra cui Bach.
Il virginale, diffuso fra il secolo XVI e XVII , aveva forma rettangolare e veniva appoggiato su un tavolo. Di tecnica relativamente facile, era lo strumento prediletto delle giovinette nell'Inghilterra del periodo Elisabettiano: di qui forse deriva l'origine del nome.
La spinetta, dal nome dell'inventore Giovanni Spinetti (XV secolo) ebbe maggiore diffusione fra la metà del XVII e la fine del XVIII. A volte con il termine spinetta si intende un piccolo clavicembalo.




clavicembalo






Esiste un'enorme varietà di strumenti nel settore degli strumenti a fiato. La loro storia è varia e complessa. Si può individuare nella cennamella (ciaramella o piva), nel cromormo, nel cornetto gli strumenti che attraverso modifiche e, soprattutto con l'invenzione del tubo ricurvo, portarono a fondamentali strumenti moderni.
Il cromormo, diffuso soprattutto nel XVI e XVII secolo, era di vari tipi: soprano, alto, tenore, basso. Per centocinquanta anni, la famiglia di questi strumenti, dal più profondo a quello più acuto, fu in voga anche se non si conosce musica scritta per esso. Nel '600 gli strumenti di cromormo facevano parte della Corte di Luigi XIV.
Il cornetto, strumento rinascimentale d'avorio o di legno ricoperto di cuoio, di forma leggermente ricurva, dal suono molto dolce, si univa armonicamente alla voce umana, tanto che Bach lo usò in alcune cantate.
Con il passare del tempo, cioè mentre si avviava verso il '700, l'enorme pletora degli strumenti andava sempre più assottigliandosi. L'avvento poi dell'orchestra li ridusse.  I flauti, per esempio, rimasero per sempre, soprattutto per evidenti ragion di importanza di suono.
Da secoli il flauto traverso è stato un protagonista della musica, insieme al fratello più semplice, il flauto diritto, a becco. Naturalmente le modifiche strutturali sono state numerose fino a raggiungere la forma moderna, senza contare il passaggio dal legno al metallo.
Fra gli strumenti a fiato, un gruppo di particolare importanza è quello formato dalle  trombe. Nel Medioevo vennero costruite trombe capaci di coprire un'ampia gamma di suoni; verso la fine del XIV secolo, per evitare trombe di eccessiva lunghezza, si cominciò  ad usare la canna ricurva, secondo il modello tuttora in uso.
Particolarmente usata come strumento militare per fare segnali, la tromba entrò molto presto in orchestra: se già nell'Orfeo di Monteverdi se ne prescrivevano ben quattro nella fanfara che introduce il melodramma.
Come la tromba, il corno, dalla caratteristica e ben nota forma ricurva, entrò in orchestra alla fine del '500. Questo strumento è caratterizzato da una lunga canna (di circa quattro metri) conica, ricurva e da un ampio padiglione. Deriva da un corno animale svuotato e fornito di fori, ed è, quindi, uno strumento antichissimo: gia i Sumeri e poi gli Etruschi e i Romani ne costruivano in metallo. Nel Medioevo fu utilizzato prevalentemente come richiamo di caccia. Nel '600 fu usato nella musica colta e fu da allora che la sua forma cominciò ad avvicinarsi abbastanza a quella odierna, ma soltanto al principio dell'Ottocento la sua trasformazione si completò: migliorarono le sue limitate possibilità tecniche.
La cennamella, già in uso nel XII secolo, dette origine alla bombarda che, apparsa nel secolo XIV, si pone a sua volta tra gli antenati dell'oboe e del fagotto. La cennamella oggi designa anche un tipo di oboe popolare in uso in alcune aree dell'Italia meridionale, per lo più suonato in unione con la zampogna e meno frequentemente con il tamburo.
Il trombone, forse già noto nell'antichità (le tubae dei Romani), verso la fine del XIV secolo, adotta la forma ricurva del tubo, per risolvere il problema dell'eccessiva lunghezza. Esso sosteneva nelle canzoni, poi nelle frottole e nei madrigali, la parte del "tenore". Il suono è maestoso ed ha una varietà di colori veramente straordinaria; fu spesso impiegato.a raddoppiare le voci come, ad esempio, nella Cantata per la festa della Pasqua di Bach.




ciaramella




Chiudo lo scritto con un accenno circa gli strumenti membranofoni, Sono da citare il tamburello , di dimensioni molto piccole e con un'unica membrana, munito di lamelle e sonagli; esso viene suonato o battendo la pelle con il palmo della mano o agitando rapidamente lo strumento per far vibrare i suonagli.
Nel '400 gli Svizzeri consacrarono la nascita del grande tamburo militare, tenuto verticalmente e percosso sulla membrana superiore, Il diametro dello strumento fu vario nel '500; aveva corde tese sotto la pelle, producendo così un suono più chiaro e scattante. Ebbero qualche diffusione due tamburi a mezza sfera, coperti da una membrana. In Italia furono chiamati nacchere  (da non confondere con le castagnette di origine antichissima e usate soprattutto nei paesi di lingua spagnola), che venivano dal vicino Oriente. Si narra che i Crociati fossero stati terrorizzati dall'effetto terribile di questi tamburi doppi.






tamburo militare

















La funzione educativa nell'antica Grecia.



Nei popoli primitivi L'educazione veniva disciplinata e impartita durante riti di iniziazione che si svolgevano soprattutto nel periodo della pubertà:
Nei principali momenti  e documenti dell'antichità (dall'Egitto alla prime civiltà orientali, dalla Bibbia ai poemi omerici) sono contenute testimonianze di differenti stili educativi che hanno in comune il carattere autoritario e aristocratico, basato su una rigida moralità e religiosità.
Due modelli educativi che costituiranno un comune punto di riferimento per la pedagogia occidentale sono quelli della paidéia spartana e di quella ateniese fra il secolo VII e il V a.C.
La prima subordina l'educazione alle esigenze di uno stato di tipo totalitario; ne consegue un metodo basato sulla vita collettiva dei ragazzi al di fuori della famiglia, sul duro esercizio fisico e sull'acquisizione di virtù militari.
La seconda si basa soprattutto sulla musica e sulla ginnastica e cioè sui contenuti culturali e sportivi tendenti, nel loro insieme,  a un ideale di armonia individuale. Elemento essenziale per promuovere tale processo era lo stretto rapporto, anche amoroso, tra il giovane e l'educatore.
Verso la metà del secolo V Aristofane, rievocando il passato, afferma che "i ragazzi si recavano a scuola in file ordinate e imparavano a cantare  versi eroici di antichi poeti, e poi passavano al maestro di ginnastica".
La riflessione sull'educazione , iniziata in Occidente dai Sofisti,  si volge con Socrate alla ricerca di un principio universale in cui virtù,, sapere, felicità possono coesistere.
Ma il primo tentativo di una presentazione sistematica dei problemi educativi nel quadro di una concezione filosofica è opera di Platone.
In Effetti più vicini alla realtà musicale del loro tempo furono coloro che consideravano gli effetti della musica sull'animo degli ascoltatori e le loro reazioni di fronte all'esecuzione dei diversi tipi di melodia, che articolavano nell'ambito  di ben definite sequenze di note dette "armonie".
Damone-maestro e consigliere di Pericle- e Platone sostenevano che solo l'armonia dorica e frigia avevano la funzione paideutica positiva, mentre le altre armonie (ionica, eolica, lidia, etc) dovevano essere escluse dall'educazione dei giovani. Essi sostenevano anche che non si doveva mutare il modo di far musica, introducendo innovazioni nel rapporto tradizionale, se non si voleva correre il rischio di sovvertire anche le istituzioni dello stato, per lo stretto rapporto che intercorreva tra le forme musicali e i modi di vivere civile.
Aristotele ammette, invece, che l'utilità di tutti i tipi di musica anche di quella che non rasserenava ma perturbava gli animi,  poiché le reazioni violente che essa determinava avevano un effetto catartico, di purificazione delle passioni..
Al di là delle diverse forme di educazione -istruzione oratoria e tirocinio militare da una parte, apprendistato di mestieri e semplice apprendimento imitativo dall'altro- la tradizionale storiografia educativa si è occupata soprattutto dell'istruzione intellettuale e, in particolare, di quella della musica, che ci ha tramandato di se stessa le testimonianze più evidenti, e ha lasciato ad antropologia culturale, sociologia, economia o psicologia lo studio delle altre forme.












































Il potere magico della musica nell'antica Grecia





Quanto è più antico il passato a cui risaliamo nella storia dell'umanità, tanto più vediamo la musica comparire non in forma di manifestazione artistica, ma come elemento legato ai particolari più umili della vita quotidiana o connesso agli sforzi tesi a stabilire un contatto con il mondo metafisico Lo stregone primitivo, lo "sciamano", ricorreva alla magia musicale per guarire una malattia, per scacciare un demone, o, addirittura per mutare il corso degli eventi naturali.
Nell'antica Grecia la musica era presente in tutti i momenti della vita associata del popolo, nelle gare agonali, nei simposi, nelle cerimonie religiose, nei rituali di carattere purificatorio. Le pratiche cultuali di Dioniso, il dio dell'ebrezza e dell'invasamento, promettevano una radicale trasformazione dell'individuo intesa come via religiosa di recupero. Tale salvezza si risolveva nella sperimentazione di tutte le trasgressioni in uno stato di trance, procurato dal suono insinuante del flauto e attraverso la danza, cioè nella follia che è la dimensione in cui compariva il dio stesso, il mainòmenos, il pazzo per eccellenza.
Nelle Baccanti di Euripide si giunge a rappresentare persino l'ultima trasgressione, quella della madre che fa a pezzi il proprio figlio. La concezione della musica che affiora dal mito di Dioniso è analoga a quella che emerge dal mito di Orfeo, il dio che con la lira rappresenta un richiamo di tale potenza da mutare e fermare il corso degli eventi: il suo canto procura piacere di carattere così particolare, magica, da tramutarsi in incantesimo e da costringere tutti gli esseri a seguirlo come invasati da una potenza superiore. Intanto non è un caso che Orfeo sia sempre stato raffigurato con la lira, mentre Dioniso come suonatore di flauto; si tratta di una distinzione simbolica alla cui base ci sono due concezioni diverse circa il potere della musica. Orfeo canta e si accompagna con il suono della lira: il potere è dovuto a due elementi fusi insieme, la parola e la musica, la poesia e il suono.
In effetti lo stesso termine greco da cui è derivato il nome musica, mousiké (l'arte della Muse), definisce non solo l'arte dei suoni, ma anche la poesia e la danza, cioè i mezzi di trasmissione di cui una cultura che, quindi, si diffondeva attraverso pubbliche esecuzioni nelle quali non solo la  melodia e il gesto, ma soprattutto la parola, avevano una funzione determinate.
Il poeta che cantava nelle occasioni di feste era portatore di un messaggio proposto al pubblico in una forma allettante e quindi persuasiva, proprio attraverso gli strumenti tecnici della poesia, quali le risorse del linguaggio figurato e l'armonia dei metri e delle melodie che ne favorivano l'ascolto e la memorizzazione.
Dioniso, invece, trae il suo potere unicamente dal flauto il quale, ovviamente, esclude il canto e la poesia. Il flauto occupava presso i Greci un posto tutt'altro che limitato ai rituali dionisiaci: strumento orgiastico, legato al vizio per lo più suonato da schiavi o da persone di umili origini, veniva usato in determinate occasioni, in cui come effetto catartico si scaricavano le tensioni e cioè ad esempio, nelle rappresentazioni teatrali o durante i banchetti.
Infine Platone ed Aristotele trovavano spregevole questo strumento: lo studio dell'auletica (1), perché impedisce di servirsi della parola non sviluppa l'intelligenza per cui era da scartare dal programma educativo dei giovani.
In effetti Euterpe, questa antica musa, ha da sempre esercitato il proprio potere magico sull'uomo e in qualunque epoca, da quando danzava nei rituali dionisiaci, fino ad oggi come spettatore ad un concerto di musica classica o di musica rok: senza dubbio la musica, tra tutte le arti, è quella che ha la massima capacità di 
coinvolgere l'interiorità soggettiva dell'individuo, risvegliando associazioni emotive attraverso l'atto spontaneo della immaginazione.


Note:
(1)AULETICA è una voce dotta che nell'antica Grecia significava l'arte di suonare l'aulos cioè uno strumento musicale simile alla zampogna.




















Scritti e Conversazioni di Beethoven




Titolo dell'opera:
Scritti e Conversazioni di Beethoven
a cura di Nicolò Di Fede
Cappelli, Bologna, pp.214


La seduzione del libro è insita nel suo stesso titolo che ritrae, sospingendoci verso una figura intrisa di umanità comune. E' inevitabile che l'equivoco giochi sulla sua stessa grandezza, soprattutto quando l'uomo è scomparso e di lui restano solo le opere e magari da questi si tenti di estrapolare il carattere.
Si pensi solo all'Eroica. Di contro, a soffermarsi sulla lettura dei suoi appunti, lettere, dialoghi- peraltro privi di una forma letteraria- paradossalmente verrebbe da domandarsi se colui, che si fa i conti giornalieri e magari impreca perché non tornano, possa avere scritto Il chiaro di luna o L'appassionata.
Quando invece è conosciuta l'affannosa ricerca di una moglie che non trova; in un foglio apparso, così scrive: "Solo l'amore, si, solo esso può darti una vita più felice. O Dio, fammi trovare finalmente colei che mi rafforzi nella virtù e che mi sia concesso fare mia." 
Da un taccuino contenente un lavoro preliminare per la settime e ottava Sinfonia: "Dal cotone nell'orecchio mentre sono al piano calma il tormentoso brusio  del mio udito ammalato."
Parole come queste sono la commovente testimonianza di un uomo, vittima innocente di un destino ingiusto che, proprio a lui creatore dei suoni, ha tolto la gioia del suono.





















Forme polifoniche profane del Cinquecento italiano.



All'inizio del '500, quando la poesia petrarchesca viene assunta come canone di riferimento con la Riforma di Pietro Bembo (1470-1547), per dare un nuovo corso alla poesia italiana, essa è utilizzata come fonte di testi del Madrigale, genere musicale la cui genesi sta nell'incontro dello stile frottolesco (1) con le virtù tecniche dei musici franco-fiamminghi. (2)
Il Madrigale è, quindi, una composizione polifonica, inizialmente a quattro e poi soprattutto a cinque voci, su testo poetico breve (come ad esempio un Sonetto), musicato frase per frase, di norma senza riprese e senza ritornelli.
Ma ciò che distingue il madrigale dalle altre forme è sopratutto l'attenzione all'illustrazione del significato delle parole Ov'è condotto il mio stile amoroso? , musicato da Luca Marenzio (1553-1599) il più acclamato compositore italiano di madrigali, presenta un'intonazione musicale che mira a mettere in evidenza le parole. Dal simbolismo visivo come le "note nere" per quelle parole che alludono a quella tinta e cioè l'ira o la morte, alle inflessioni espressive come l'uso di dissonanze.
Tuttavia verso la fine del '500 il madrigale, trasformando la sua primitiva ispirazione petrarchesca, mette in musica temi di natura realistica e descrittiva o di ambientazione popolare, ma senza perdere le sue strutture musicali caratteristiche.
Ad esempio il fiorentino Alessandro Striggio (1535-1590) si è specializzato in un tipo di madrigale d'ispirazione popolare, di cui un esempio famoso è Il cicalamento delle donne al bucato, a sette voci, che in un prologo a quattro scene, descrive le chiacchiere delle donne che lavano i panni, dando così vita alla Commedia Madrigalesca, ovvero all'indirizzo del madrigale dialogico o drammatico che verrà poi a culminare nei lavori più famosi di Orazio Vecchi (1550-1605) e di Adriano Banchieri(1568-1634): rispettivamente L'anfiparnaso (1597), La pazzia senile (1598), due spassose commedie di maschere, con intrecci da opera buffa.
Nel momento di massima fioritura della forma "colta" del madrigale, vi troviamo accanto forme poetico-musicali che si rifanno a modelli folkloristici. Sono da citare il Balletto di agile polifonia strofica su versi vivaci e punteggiati da sillabazioni senza senso (ad esempio "fa la la " ) e il musicista ricordato soprattutto per questa forma musicale è Giovanni Giacomo Gastoldi (1556-1622 di cui è il Balletto a cinque voci intitolato Il martellato (Possa morir che t'ama); la Canzonetta in cui eccellono Giuseppe Caimo (1540-1584) e lo stesso Orazio Vecchi su menzionato. Di quest'ultimo è la Canzonetta Son ben mi ch'a bon tempo, a quattro voci.
Di Bologna, già nel Quattrocento uno dei principali centri  di diffusione e di produzione della "lirica volgare" grazie agli ambienti favorevoli della Corte dei Pepoli e dell'Università, è Ghinolfo Dattari (1540-1617).
Il compositore, storico e bibliografo Gaetano Gaspari (Bologna 1807-1881) scrive che Dattari "Entrò... in San Petronio cantore nel febbraio 1555 con lire quattro al mese...morto Andrea Rota maestro della cappella nel giugno 1597, servì provvisoriamente il Dattari dal luglio detto anno fino a tutto il seguente 1598 con lire dodici mensili all'aprirsi del 1599 in che fu eletto maestro di Cappella di San Petronio don Pompilio Pisanelli. (3).
Dattari ha composto Canzoni Villanesche a quattro voci , nella Dedicatoria: "Allo Ill.re Signore Camillo Gaddo degli Elefantuzzi, egli dice esser queste canzoni primizie del suo ingegno" (4), sono state pubblicate a Milano nel 1594  da Francsco Moscheni. Le Villanelle a tre , quattro e cinque voci dono state pubblicate "In Vinegia, appresso Girolamo Scotto 1568...La dedicatoria è al Conte Giulio Pepoli". (5).
Di Dattari è la Villanella Se sapresti indovinar quel ch'io vorria, a quattro voci: l'intonazione musicale riflette con precisione l'articolazione del testo poetico di impianto folklorico- con l'uso del ritornello (di uno o più versi) alla fine di ogni strofa-  in uno snodarsi particolarmente sillabico alla scansione e con evidenti cesure musicali in corrispondenza alla fine dei versi.
La Villanella, quindi, è una composizione vocale di origine napoletana che. adattando testi strofici vivaci e spontanei perlopiù esprimenti pene d'amore (spesso in dialetto) a un contesto polifonico generalmente a tre voci di andamento omoritmico, si è diffusa poi nelle regioni nordiche evolvendosi nello stile e nel contenuto letterario e trovando illustri compositori come addirittura un Marenzio o un Willaert (6).
Concludendo, è significativo a tal proposito citare alcuni passi tratti dall'autobiografia (1576) di un musicista inglese, di passaggio in Italia nel 1553-1555, di nome Thomas Whynthorne: "Nella parte estrema d'Italia c'è una regione detta Regno di Napoli....I montanari e i contadini della qual regione coltivavano un certo genere di musica che differisce da tutti gli altri in Italia. E sebbene nella composizione di essa musica (che ha tre sole voci)vi siano mende ed errori, per la piacevole stranezza della sua maniera svariati musicisti non soltanto l'hanno emendata e riscritta a quattro parti, ma anche svariati altri musicisti, imitandola, di proprio pugno ne hanno fatta di simile. E, come loro, anch'io ne ho pubblicata in tal maniera, a tre , quattro e cinque voci, nelle mie opere".

Note:

(1) Frottola: forma di musica polifonica a quattro voci diffusasi in Italia tra la fine del '400 e l'inizio del '500.
(2) La tecnica fiamminga fa proprio il principio della consonanza e dell'equilibrio formale. L'arte fiamminga dominò l'Europa nei secoli XV-XVI, soprattutto nel campo della polifonia sacra.
(3) (4) (5) Catalogo della Biblioteca del Liceo Musicale Di Bologna compilato da Gaetano Gaspari.
(6) Adriano Willaert (1490-1562), musico franco-fiammingo

















































Francesco Durante (1684-1755)

Francesco Durante
"Ego Dominus De Angelis substitutus baptizavi infantes natum die 31 martii Gaetano Durante et Ursula Capassohuius paroecae coniugibus cui impositum est nome per sn Franciscus Paschalis. Matrina fuit Camilla Avena". (1)
A soli 15 anni gli morì il padre e, giovinetto, lasciò Frattamaggiore per stabilirsi a Napoli presso lo zio Don Angelo (2), sacerdote, organista al Conservatorio di S.Onofrio; egli fu anche il suo primo maestro.
Francesco Durante fece parte del corpo docente nel Conservatorio di S.Onofrio a Capua, dove entrò nel 1710 in qualità di secondo maestro. Successivamente, insegnò al Consevatorio dei Poveri di Gesù Cristo dal 1728 al 1738 e fino alla morte, fu maestro dei Conservatori di S.Maria di Loreto (dal 1742) e di S.Onofrio (dal 1745) in qualità di secondo maestro (3).
Per quanto il suo apporto alla musica teatrale sia stato minimo (1 Scherzo drammatico I Prodigi  della Divina Misericordia (1705) scritto dal sacerdote Don Aebentio Bolando in occasione della festività di S.Antonio di cui rimase il libretto (4), e i cori per la tragedia Flavio Valente (1729), i A.Marchese), proprio in questo campo esercitò il suo maggio peso: infatti la sua attività di didatta fu determinante nella formazione di quella scuola napoletana, di cui è considerato uno dei fondatori con Scarlatti e con Leo.
Ebbe tra gli allievi: Traetta, Pisiello, Sacchini, Guglielmi: "I suoi allievi  lo adoravano... per la sua didattica tendente a dare contemporaneamente chiaro il senso dell'arte ed una capacità tecnica eccellente. Quanti ragazzi che lo avevono seguito e si erano affermati".-come-"Pergolesi, il giovane che gli era stato più vicino, che aveva fatto tesoro delle sue lezioni, che era balzato di colpo alla luce della celebrità e che si era spento a soli 26 anni, lasciando di sé un ricordo imperaturo" (5).
Tuttavia il suo allievo preferito fu Niccolò Piccinni: come lui, ragazzo, giunse al Conservatorio di S.Onofrio, lasciando la nativa Bari e, come lui, si era accostato alla musica "come un fatto naturale".
Tra le composizioni sacre sono da segnalare l'oratorio S,Antonio da Padova (1753); a dir meglio, Durante scrisse due oratori dedicati a S.Antonio: mentre la musica del primo, scritto nel 1705, è andato perduto, del secondo conosciamo due partiture manoscritte conservate a Venezia. L'uso dei cromatismi, di accordi diminuiti, delle frequenti colorature minori anche in modo maggiore, soprattutto nella declamazione dei recitativi, determinano una costante espressività ed intensità drammatica.
E ancora ricordiamo gli oratori La cerva assetata (1719); Abigaille (1736), 9 Messe, 2 Credo, 2 Requiem e frammenti di Messe a 4-9 voci; 16 Salmi a 1-8 voci anche con strumenti; 6 antifonone; 3 inni; 19 mottetti; ecc.
Tra le composizioni strumentali: Patimenti per cembalo, Toccata, Partita, Sonata per clavicembalo; 6 Sonate per cembalo divise in studi  e divertimenti (1732);  8 Quartetti per Archi.
La dispersione delle sue opere nel resto d'Europa se rende difficile approfondire lo studio del musicista, attesta in modo non indubbio a quale altezza sia giunta la fama del compositore. Tuttavia può essere posto tra coloro che stabilirono un perfetto equilibrio tra il senso vocale della polifonia (Durante era un fautore di Palestrina) e il senso della nuova armonia affermatasi con la monodia fin dal secolo precedente. (6).
Circa la polemica nei confronti di Leonardo Leo, Durante "non intendendosi con questo sul modo di comporre e sistema di insegnamento, diedero luogo alla formazione delle sette "Leisti" e "Durantisti" "...i musicisti attuali generalmente ammettono che questi due capiscuola furono due uomini illustri che, sebbene per via diversa, furono due grandi manifestazioni dell'arte musicale italiana, la quale presentemente né trascura la chiarezza e facilità del Durante né disprezza il Magistero del Leo" (7).
Fu verso la metà di settembre del 1755 che il musicista napoletano sentì di non farcela più: era stremato, aveva la febbre, dovette mettersi a letto. Gli amici, gli allievi angosciati erano ognora presso di lui.
"Figliuoli miei,  - li esortava- siate buoni e virtuosi... siate fedeli custodi dell'Arte: amatela ed onoratela col vostro ingegno. Abbiate a mente i miei precetti: verrà un tempo che  altri Maestri faranno di essi tanti assiomi, che diverranno regole infallibili. E poi ricordatevi di me e dell'anima mia, e delle mie opere, nelle quali io vivrò ancora" (8).
Francesco Durante, il compositore del "contrappunto sentimentale" si spense a Napoli il 30 settembre 1755.
"Ai funerali vi erano tutti i musicisti napoletani, dai più celebri ai meno noti, vale a dire che era presente al gran completo una delle più illusrti scuole europee. E vi erano i "figliuoli" del S.Onofrio e del Loreto" (9).

Note:
(1) Atto di nascita ricavato dal tomo VII del libro dei battesimi dell'archivio parrocchiale di S.Sossio in Frattamaggiore dell'anno 1672 al 1699.
"Il primo Aprile io Domenico De Angelis sostituto battezzai il bambino nato il giorno 31 marzo da Giacomo Durante e da Orsola Capasso coniugi di questa parrocchia, al quale è stato imposto il nome di Francesco Pasquale. Madrina fu Camilla Avena".

(2) Angelo Durante ( Frattamaggiore 1660ca.-?) si dedicò totalmente all'educazione del nipote del quali intuì molto precocemente il talento musicale.
Compose: Gara amorosa tra Cielo, la Terra e il Mare (1697); San Guglielmo Martire in Sora (1700); L'anacoreta reale Sant'Onofrio di Persia (1705), mus. sacre.

(3)Il quarto Conservatorio, ove Durante non insegnò, fu quello della Pietà dei Turchini, così chiamato dal colore dell'abito talare indossato dai fanciulli ivi assistiti. Fondato come opera pia nel 1592, fu curato prima dai Padri Somaschi, poi dai preti secolari, i quali introdussero lo studio della musica e, da tale scuola, uscirono musicisti come Scarlatti, Fago, Leo, Carafa, Sala. Nel 1638 subì notevoli danni per lo scoppio della polveriera di Castel Nuovo. Nella prima metà dell'Ottocento il convitto e l'annesso Collegio musicale furono trasferiti in S.Sebastiano e da qui, con gli altri istituti musicali napoletani, in S.Pietro  Majella.

(4)Ulisse Prota-Giurleo ha portato alla luce l'autentico primo lavoro del maestro.

(5)Sosio Capasso, Magnificat.Vita e opere di francesco Durante.Nel III Centanario della nascita del grande musicista, Napoli, 1984,,pp. 5-6

(6) Guido Pannain, brano scrito per l'enciclopedia italiana Treccani, vol. XIII,p. 296

(7)Leo Giacomo,Leonardo Leo musicista nel secolo XVIII  e le sue opere musicali,Napoli, 1903

(8)Sosio Capasso, op. cit., p.46

(9)Sosio Capasso, op. cit.., p. 48







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