I.Strawinsky. Rivoluzione o novità?

I.Strawinsky


"Han fatto di me un rivoluzionario mio malgrado. Ora noi sappiamo che i moti rivoluzionari non sono mai completamente spontanei: c'è della gente abile che fa la rivoluzione con cognizione di causa...Bisogna stare attenti a non farsi ingannare da coloro che attribuiscono intenzioni che non sono le nostre [...] Il tono di un'opera come la Sagra è potuto sembrare temerario, e il suo linguaggio aspro nella sua novità: ciò non implica in alcun modo che essa sia rivoluzionaria nel senso più sovversivo della parola.Se basta rompere un'abitudine per meritare la taccia di rivoluzionario, ogni musicista che ha qualche cosa da dire, e che esce, per dirla, dalla convenzione stabilita, dovrebbe essere considerato tale.Perché gravare il dizionario delle belle arti di questo vocabolo rombante, che indica, nella sua accezione abituale, uno stato di disordine e4 di violenza, mentre ci sono tante parole più adatte designare l'originalità? [...] Le nostre "élites" di avanguardia, votate ad una perpetua esagerazione, aspettano ed esigono dalla musica che essa soddisfi il loro gusto di assurde cacofonie.. Dico "cacofonia" senza tenere di essere incluso nelle file dei vecchi pompieri, fra i laudatores temporis acti. Adopero questa parola con la serena coscienza di non fare minimamente marcia indietro. La mia posizione al riguardo non è affatto cambiata dal tempo in cui componevo la Sagra e in cui ci si compiaceva di far di me un rivoluzionario: oggi come ieri, io diffido della moneta falsa e mi guardo dal prenderla per denaro contante. Cacofonia vuol dire suono cattivo, merce illegale, musica non coordinata che non resiste ad una critica seria. [...] Insomma io confesso d'esser completamente insensibile al fascino della rivoluzione. Tutti i rumori che essa può fare non destano in me alcuna eco: perché la rivoluzione è una cosa e la novità un'altra. Anzi quando non si presenta in forme esagerate, la novità non è sempre riconosciuta dai suoi contemporanei."

da: I.Strawincky, Poetica della musica, Curci, Milano 1978





Note sul pentagramma.





Con questo mio scritto vi rendo partecipi di una manifestazione concertistica conclusasi con un caloroso applauso da parte del pubblico che ha saputo apprezzare la bravura e la professionalità dei musicisti. 
L'intento di queste pagine è quello di eseguire un'analisi stilistica dei brani musicali che sono stati rappresentati.
Inizio la mia ricognizione a partire dalla prima parte del concerto dedicata a un repertorio strumentale con musiche di A.Vivaldi, di B.Marcello, G.F.Handel; protagonista il gruppo da camera "Bononiae Musici". Nella seconda e ultima parte, i coristi "Amoena Cetra" hanno cantato brani di un repertorio sacro; gli autori: G.F.Handel, Tomas Luis de Victoria, A.Caldera, M.Haydn, W.A.Mozart.
Se si volesse ricercare una verità di fondo dell'arte di Antonio Vivaldi, dovremmo indirizzarci, per ritrovarla, non al linguaggio concertistico, ma allo spirito che anima ciascuna delle sue opere.
Infatti il carattere distintivo della produzione vivaldiana e, in particolare, di quella strumentale, è il rifiuto di ogni concezione astrattamente architettonica in favore di uno stile aperto alle suggestioni di una sempre cangiante disposizione soggettiva. Questo atteggiamento si accompagna ad un senso acuto dei valori timbrici che sembrano spesso porsi come perno del discorso compositivo.
Nei concerti, tutti nella tipica forma tripartita (Allegro-Adagio-Allegro) come quelli presenti nel repertorio, il contrasto tra i tempi allegri esterni e i movimenti centrali che si abbandonano ad impeti di lirismo patetico e delicato, l'interesse per gli effetti d'eco e per una dinamica ricca di sfumature che va da "pp" a "ff", rispondono a quel desiderio principale del "prete rosso" di trattare le idee tematiche intensamente piuttosto che esaustivamente mirando all'immediatezza espressiva dell'intreccio sonoro che nega l'impiego dello stile contrappuntistico. Quindi in sostituzione del tradizionale principio compositivo sullo sviluppo esaustivo dei motivi, Vivaldi presenta un impianto formale basato sulla costruzione per membri di frase ed episodi giustapposti in un elegante gioco di corrispondenze e di simmetrie, di formule melodiche ricorrenti, di motivi liberamente variati.
Il gusto naturalistico del compositore veneziano emerge nelle numerose composizioni caratterizzate da titoli più o meno descrittivi e programmatici: dalle celebri Quattro stagioni, a La tempesta, alla Pastorella, eseguite dai "Bononiae Musici". Nei brani "programmatici" certe formule ritmico-melodiche (rapide scalette ascendenti o discendenti, varie graduazioni dinamiche, sincopi, ritmi agitati, ecc.) vengono associate a significati extra musicali che possono riferirsi a fenomeni naturali come il canto degli uccelli, gli elementi atmosferici o ad una particolare situazione psicologica come la notte, l'inquietudine, il riposo.
L'interpretazione delle due sonate, l'una di Benedetto Marcello-la cui fama è affidata al saggio satirico Il teatro alla moda (Venezia 1720)-L'altra di Handel, sono caratterizzate da una diversa disposizione espressiva; quella del "magistrato-musicista" per intenderci .Marcello, è caratterizzata da un equilibrio e chiarezza compositiva, la seconda da un linguaggio più sofisticato.
La musica da camera di G.F.Handel comprende molte sonate chiamate anche "trii", "concerti", "soli".
Con J.S.Bach, Handel fu il più grande esponente del sincretismo musicale: gli elementi linguistici di varia provenienza offertogli dalla contemporaneità, si compongono di un grandioso organismo omogeneo, ma aderente allo spirito che li suggerisce, volto ad esteriorizzare un'opulenza di forme, di colori timbrici e armonici.
Il linguaggio esuberante e cosmopolita di Handel si rivela anche nel vasto genere della musica sacra, nonostante fosse composta per un rito che gli era estraneo culturalmente ed emozionalmente: L'imponenza costruttiva della scrittura vocale di Laudate Dominum offre un geniale saggio della abilità del compositore tedesco attraverso un discorso musicale elegante, completo e conchiuso.
Di colpo è cambiata l'atmosfera quando il coro "Amoena Cetra" ha eseguito il mottetto natalizio o magnum misterium di Tomas Louis de Victoria, un dei più grandi polifonisti spagnoli del '500. Primo della scuola castigliana, il Victoria non compose msi musica mondana, né mai polifonia sacra su canti dati di origine profana. Eluse con tenacia ideologica ed anche stilistica, ogni influenza indiretta e, in particolare, di quella ben penetrante del madrigale.
In effetti il compositore aveva espresso la convinzione che la musica non fosse invenzione dell'uomo, ma rappresentasse una eredità dello spirito divino: subordinò ogni raffinatezza contrappuntistica alla resa del senso spirituale del testo, il flusso polifonico imitativo è interrotto da passi in stile omofonico con ripetizione di note per mettere in evidenza vocaboli o frasi particolari, avendo così il contenuto emotivo suggerito dal testo.
Suscepit Israel rispecchia un modo di comporre che è quello proprio del musicista veneziano Antonio Caldara: sintetizzò il melodismo di Alessandro Scarlatti che poi sarà quello di Francesco Durante e della Scuola Napoletana ed una forma espressiva della scuola madrigalistica e concertante di Monteverdi e di Cavalli.
infine J.M.Hydn, fratello del più famoso Franz Joseph, compositore di talento fu apprezzato soprattutto come autore di musica sacra in lingua latina, come il brano Tenebrae factae sunt, ma anche secondo le direttive di riforma dell'Arcivescovo costituivano il centro della vita musicaldi Colloredo, in tedesco.
L'opera da un lato e la musica strumentale dall'altro costituivano il centro della vita musicale del '700. Gli altri generi stavano alla periferia: se non erano secondari dal punto di vista quantitativo lo erano da quello qualitativo, limitandosi il più delle volte a rispecchiare quanto veniva elaborato altrove e questo valeva soprattutto per la musica sacra.
W.A,Mozart fu un genio a mettere insieme le esperienze della musica settecentesca europea, che contribuì ad indirizzare, sottraendola sempre più alle remore di una concezione edonistica ed artigianale, per la via che sarà seguita da Beethoven e dai romantici: quella del moderno soggettivismo critico.
Quanto alle caratteristiche della musica religiosa del compositore, si possono distinguere lavori scritti in stile contrappuntistico e quelli di tendenza operistica tra cui le Litanie Lauretanae K109 a 4 voci con orchestra e organo.
La litania forma di preghiera collettiva, fu introdotta nella liturgia cattolica fin dai primi secoli del cristianesimo e vi è rimasta come canto responsoriale delle processioni: si presenta in varie forme a seconda che si rivolga a Cristo, ai Santi o alla Vergine, cui sono dedicate le litanie più note quelle, appunto, Lauretanae. Ne composero Palestrina, Lasso, Monteverdi ed altri in uno stile semplice ed omofonico.
non rientrano nel repertorio sacro i Notturni in cui si cimentarono non solo Mozart ma anche altri compositori come lo stesso Hydn. Si tratta di composizioni generalmente strumentali e talvolta vocali, affini alla serenata e destinate a feste o a intrattenimenti nottrni spesso all'aperto.
Concludo il mio scritto con le parole di un noto critico musicale, Giorgio Graziosi: [...] una semplice nota sul pentagramma solo che la guardi o la pensi suono, si anima in una diabolica dnza: quello accordo è forte, è debole, è alto, è più basso, è più lungo, è meno lungo, è rotondo, è angoloso, è dolce, è aspro, ha un timbro e già un altro timbro, ora torna quello [...] (1)
Osservare le note sul pentagramma, implica la formazione di un'immagine sonora che anticipa i tempi della musica e la fa sentire mentalmente, prima della sua effettiva emissione. L'immaginazione "sinestesica" (2) che scaturisce dal testo musicale non sempre rispecchia il reale contenuto, l'effetto sonoro che risulterà dalla sua esecuzione; spesso l'orecchio si lascia trascinare dall'occhio. Questo accade sia nel compositore durante la scrittura sia nell'interprete durante la lettura che precede l'esecuzione.

(1) Giorgio Graziosi L'interpretazione musicale, Einaudi, Torino 1967, p.24
(2) Sinestesia: figura retorica consistente nell'associare due termini che appartengono a canti sensoriali diversi.







Lamberto

 



Le sezioni dedicate alla musica nei trattati enciclopedici dei filosofi arabi Al- Farabi (De ortu scientiarum,prima metà del secolo X) e Gundissalvi (De divisione philosophie, metà del secolo xii) diffusero nel mondo latino la distinzione tra musica teorica e musica pratica.
Questa distinzione fu ripresa e approfondita a partire dalla seconda metà del XIII secolo dai trattatisti della musica mensurabilis tendenti a rivendicare la dignità intellettuale di questa nuova pratica musicale.
Così Lamberto, un autore originario probabilmente della regione corrispondente al Belgio attuale, ma certamente vissuto per molto tempo a Parigi, inserisce nel suo trattato (prima del 1279) le duplici definizioni che Gundissalvi aveva dato degli strumenti, degli operatori, delle funzioni della musica. (1)


Lo strumento: altro è quello della pratica, altro quello della teorica. Lo strumento della teorica sono la ricerca e la dimostrazione delle proporzioni e delle voci. Lo strumento della pratica altro è naturale, altro è artificiale; naturale sono il polmone, la gola, la lingua, i denti, il palato e le altre parti tra cui passa il fiato, ma il principale fattore della voce è l'epiglottide; artificiale sono gli organi, le vielle, la cetra, il salterio e simili.
L'operatore è colui che praticamente forma i neumi e le armonie; oppure è colui che teoricamente insegna come fare queste cose in modo che possano muovere gli affetti umani.
La funzione:altra è quella della pratica, altra è quella della tecnica. Quella della pratica è di comporre le armonie secondo arte, quella della teorica è di possedere globalmente la conoscenza delle varie specie di armonie. (CS I, p. 253)

(1) F. Alberto Gallo, La polifonia nel medioevo, Storia della musica a cura della società italiana di musicologia, E.D.T, Torino 1991, p.123