Isabella d'Este e Lucrezia Borgia, rivali in musica

Isabella d'Este
Lucrezia Borgia
                                                         




 L'epoca in cui sono vissute queste due nobildonne, l'una Isabella  d'Este marchesa di Mantova, moglie di Francesco Gonzaga, l'altra la bellissima Lucrezia Borgia che sposò in terze nozze Alfonso d'Este, duca di Ferrara, è caratterizzata da quel complesso fenomeno sociale, economico e culturale, detto "mecenatismo".I mecenati erano, quindi, i detentori del potere politico ma anche del potere culturale; ella poté esplicare con pienezza e con successo la sua vocazione musicale facendo diventare la sua corte  il centro propulsore della musica profana. Questo tipo di musica apparteneva ad una cultura cittadina e cortese e solo apparentemente popolare perché non scritta e per il carattere di talune sue rime, di certi suoi ritmi di danza. Fu proprio  verso la fine del '400 che ebbe inizio la registrazione scritta  di quelle melodie, quando un poeta, l'aristocratico Galeotto del Carretto, in una lettera indirizzata ad Isabella d'Este il 14 gennaio 1497, scriveva:" La Signoria Vostra sa che a la plasa, o donna artita mia da Mantova mi promesse di mandarvi alcuni canti de le mie belzerette (=barzellette)... et mai non li ho avuti, per il che la prego che se degni de mandarmeli...Li canti dei le belzerette ch'io vorrei sono questi:"Lassa, o donna, i dolci sguardi", Pace  ormai, o mei sospiri", ... .  Isabella poté esplicare la sua attività promozionale anzitutto assumendosi il ruolo di cantatrice ed esecutrice: sapeva suonare la cetra e gli strumenti a tastiera, aveva studiato il liuto con Angelo Testagrossa; poi raccogliendo attorno a sé il fior fiore dei compositori, in emulazione con Lucrezia, approdata a Ferrara nel 1502. Quest'ultima, in quell'ambiente che aveva tradizioni di cultura, seppe adattarsi convenientemente ai cittadini, ai cortigiani, agli artisti, ai poeti fra i quali l'illustre  Pietro Bembo con il quale, tra l'altro, si dice che ebbe una segreta relazione amorosa. La latente tensione tra le due corti si manifestò soprattutto a livello dei musici, perfino dei maggiori, come Bartolomeo Tromboncin di Verona o Marchetto Cara di Venezia, che passarono da Mantova a Ferrara o viceversa, in relazione anche alla maggiore o minore floridezza delle rispettive casse dello stato. I musici erano in tutto e per tutto alle dirette dipendenze delle due nobildonne; non a caso Tromboncino e Cara sono conosciuti come i più famosi compositori di frottole, il genere musicale che ebbe particolare fortuna nelle corti di Ferrara e di Mantova. Si tratta di una composizione di tipo strofico , per lo più a quattro parti, di cui le tre inferiori erano spesso  eseguite strutturalmente e la superiore, che era la più espressiva ed elaborata, veniva sempre cantata. 
Riporto qui la celebre frottola musicata da Marchetto Cara sul motto dei Gonzaga "forsi che sì, forsi che no". Ecco le parole:"forsi che sì forsi che no, no sia al mondo ognor così"
L'organico di base, che formava il gruppo dei musicisti personali di Isabella e di Lucrezia era praticamente il medesimo: frottolisti, per l'appunto, cantori, suonatori di strumenti a corde e un tamburino; in più Isabella aveva un suonatore di strumenti a tastiera. A questo punto sembra interessante far cenno ad una corrispondenza epistolare, iniziata nel 1496, fra Isabella e Lorenzo da Pavia, l'artigiano costruttore di strumenti musicali al quale la marchesa presentò le ordinazioni più stravaganti ed esigenti. Per il fatto stesso che in entrambe le corti  l'area della musica sacra rimaneva sotto la responsabilità dei rispettivi mariti, balza ancor meglio agli occhi il ruolo di Isabella e di Lucrezia, pur dialetticamente collocate , che furono insieme le principali protagoniste della fioritura profana.Così se per influsso di Lucrezia Borgia, dalle origini aragonesi, si deve la presenza, fra le opere  di Tromboncino, di testi spagnoli, a Isabella si deve la creazione poetica di uno strambotto, una forma collaterale della frottola, dal titolo "Arboro son che gli mei rami persi". Tuttavia gli straordinari risultati conseguiti attraverso il mecenatismo di queste due donne, orientate in senso umanistico, sebbene ammirati, non furono emulati dai loro successori. E già a metà del secondo decennio del '500 erano cominciati ad emergere nuovi modelli culturali.