Il trattatista e compositore Marchetto da Padova scrisse il Lucidarium (1309/18) giovandosi per l'impostazione filosofica generale dell'aiuto di un domestico: Sifante da Ferrara.
In un capitolo dell'opera l'autore propone dapprima la definizione esclusivamente teorica del musicista data da Boezio (De institutione musica, 500 ca.), ma subito dopo riconosce l'esistenza di un operare pratico razionalmente guidato giungendo a distinguere le attività proprie del compositore e dell'esecutore di musica.
Si definisce musico secondo Boezio colui che possiede la facoltà di giudicare dei modi, dei ritmi e dei generi delle cantilene secondo la speculazione e la razionalità della scienza musicale. In effetti ogni arte o disciplina tiene naturalmente in maggior conto la ragione che non l'attività esercitata con le mani e con l'opera dell'artista. Il musico dunque conosce le possibilità e la razionalità delle proporzioni musicali e tramite questo giudica, non solamente tramite il suono. Il cantore invece è come uno strumento del musico, nel quale strumento opera l'artista cioè il musico realizzando praticamente ciò che già aveva conosciuto con la ragione. Perciò il musico è, rispetto al cantore, come il giudice rispetto al banditore: infatti il giudice emette un'ordinanza e dispone che sia resa pubblica per mezzo del banditore. Così è del musico e del cantore: infatti il musico conosce, sente, discerne, sceglie, ordina e compone tutto ciò che riguarda la scienza, e dispone che sia realizzato praticamente dal cantore come da un suo messaggero.
F.Alberto Gallo, Il Medioevo II. Storia della Musica, E,D,T,, Torino 1981, pp 110-111